lunedì 4 giugno 2018

“l'onestà non basta”. Implosa l’amministrazione comunale


l'onestà non basta”. postava ATLANTE su facebook dopo la mancata approvazione del bilancio nel consiglio comunale del 16 maggio.”l 'amministrazione Lucilla, sulla cui onestà non dubitiamo, oggi cade, messa in minoranza sul Dup e sulla conseguente approvazione del bilancio. . due anni (quasi) di eterna campagna elettorale, di manicheismo, di truppe cammellate facebookiane, di muri di gomma, di scarsa o quantomeno ben nascosta cultura amministrativa, di modi di fare militari. lascia la città alla quarta gestione commissariale in un paese con una disoccupazione allarmante ed in ascesa, scarsi servizi per le classi popolari ed alta tassazione sui servizi.”
L’amministrazione Lucilla è partita forte di 11 consiglieri.
In 20 mesi la “corazzata” ne ha persi 3 trasformandosi in un ardimento speranzoso a ottobre scorso e in una delusione “maledetta” il 16 maggio.
Rifuggendo  dalla saccenteria e dall’astrattismo convenevole cerchiamo di capire, da materialisti, il perché della caduta della giunta Lucilla, ovvero perché questa giunta non ha avuto il voto dei 3 consiglieri, ovvero scoprir gli errori per non ripeterli
Dalle dichiarazioni scritte dei 3 annotiamo:
I consiglieri  Zileni e De Rosa scrivono al presidente del consiglio comunale il 25/10/2017 informandolo della costituzione di un gruppo consiliare misto;  a determinare questa nostra decisione è stata sostanzialmente i'impossibilità di costruire un dialogo proficuo su basi di reciprocità tra la giunta e il consiglio comunale e. in maniera sorprendente, tra la giunta e la stessa maggioranza consiliare. infatti, nonostante le reiterate richieste da parte di questi consiglieri di aprire un confronto tra i consiglieri e la giunta sulle scelte determinanti per il futuro della città, per ridurre al minimo il margine di errore, la linea amministrativa continua a essere strutturata alla discussione interna, dettata da pochi, la cultura del dissenso è il cuore della democrazia, non per questa maggioranza che impone il silente allineamento alle scelte. senza possibilità di manifestare la contrarietà rispetto a scelte penalizzanti e non condivise, come per esempio rinunciare ad un costante e proficuo incontro con la  città, dalla quale ci si mostra sempre più scollati. questi consiglierei chiedono infatti da almeno 10 mesi di discutere anticipatamente delle scelte portate in consiglio ma senza molti successi,.”
Dice Rosa Addabbo
“Il ruolo del consigliere comunale non può ridursi ad una mera alzata di mano. Non si può credere, quasi per effetto domino, che una proposta di delibera consiliare, non discussa, analizzata e pienamente condivisa nelle sue criticità e punti di forza, possa essere sottoposta al vaglio dell’intero consiglio ed avere il voto dell’intera maggioranza..” Gioianet Giovedì 17 Maggio 2018
Pasquale Redavid, segretario del movimento cittadino SEP, risponde alle domande di Gioia news il 30 maggio
…“Come sta Sep e come è stato il rapporto con l’Amministrazione Lucilla?
Il movimento si è piano piano svuotato. Con l’Amministrazione uscente è mancato
un collegamento ...
Ma come ha vissuto il suo ruolo da segretario?
Ha presente l’immagine di quel bambino che vede un gruppetto di coetanei giocare e si avvicina per tirare a palla con loro e quelli gli rispondono di no? Mi sento quel bambino.” 
Scrivono Il Sindaco, i Consiglieri a suo sostegno e i componenti della Giunta Comunale poiché i Consiglieri Zileni, De Rosa ed Addabbo, dopo aver abbandonato il progetto che ha permesso loro di sedere nei banchi del Consiglio Comunale, decidendo di non dimettersi, nei fatti determinando un nuovo Commissariamento e un brusco arresto del processo di cambiamento avviato, poiché la mancata approvazione del bilancio comporta lo scioglimento del Consiglio Comunale ad opera del Prefetto, rassegnano le proprie dimissioni, conservando la coerenza che fin dal giorno dell’insediamento hanno dimostrato, non piegandosi a pressioni, compromessi o “le mani tese all’ultimo minuto, in cambio di…”. 

Considerazioni
E’ evidente che i tre lasciano la maggioranza, in tempi diversi, ma comunemente denunziando la mancanza di confronto nella e sulla vita amministrativa al comune, per valorizzare  il ruolo umano del consigliere, rifiutando con coraggio quello di burattino.
A Ottobre la uscita dalla maggioranza di due consiglieri, determinò l’impegno da parte della giunta ad una maggiore condivisione delle scelte in cambio della sottoscrizione dell’appoggio. Ma soprattutto un cambio di rotta. In un’intervista rilasciata dal segretario di SEP, lo stesso richiese di fatto la rendicontazione periodica dell’operato

A Maggio Rosa Addabbo denuncia "Con il sindaco si è cercato di condividere una serie di punti prioritari sui quali intervenire: rafforzamento dello Staff del sindaco, riorganizzazione dell’Ufficio Ragioneria e Ufficio Tributi, alfine di migliorare, con i successivi atti finanziari, rendiconto e salvaguardia degli equilibri, la manovra di bilancio oggetto della discussione. Da qui il fermo impegno della sottoscritta a dare il sostegno e l’appoggio alla Maggioranza in tutti i passaggi consiliari relativi, in primis l’approvazione del bilancio 2018//2020”..avuto riscontro della mancata accettazione del sindaco della suindicata proposta, ho comunicato…. di procedere alle mie di dimissioni …Gioianet Giovedì 17 Maggio 2018
Il bilancio di previsione è stato presentato tardissimo . Eppure nella campagna elettorale era uno dei totem per il cambiamento Solo pochi addetti all’Ufficio Ragioneria conoscono il suo contenuto in quanto considerato da tutti atto puramente tecnico. Il Bilancio di previsione deve essere, invece, un documento rispondente alle effettive esigenze programmatiche e non, come sinora successo, un documento estraneo agli obiettivi ed ai progetti che un’Amministrazione ritiene di dover perseguire.”(documento pubblicato su Gioianet Sabato 07 Maggio 2016 e firmato da Daniela De Mattia Gruppo Internazionalizzazione-Pierluigi Mancino Gruppo E- Governance”)
E’ evidente
-che la motivazione della coalizione “Un Impegno…in Comune” è pretestuosa e malignevole: non si difende mai dalla accusa di egemonia di gruppo denunziata dai 3;
-chi ha “abbandonato il progetto” è la giunta e non i tre consiglieri considerando che le proposte fatte dal gruppo misto nelle varie sedute del consiglio possono trovarsi benissimo  nelle argomentazioni fatte quando gli attuali sindaco e vice sindaco erano all’opposizione della giunta Povia. Che il Bilancio di Previsione che stava per essere sottoposto all’approvazione, di fatto dava priorità al contenzioso a scapito dei bisogni della città, che il regime di tassazione comunale della giunta Lucilla non è stata sostanzialmente diversa da quella di Povia, che di internazionalizzazione della riscossione dei tributi (leggi CERIN oppure leggi REFERENDUM cittadino) non si è mai discusso, che la discussione sul PUG (leggi VITO VINCI) non è stata mai avviato, eppure era stato pomposamento annunciato nella campagna elettorale come prioritario: (Alle 18,30 prenderà avvio l’evento sulla rigenerazione e su come intendiamo riprogettare la città. Obiettivo primario sarà la conclusione del percorso di approvazione del Piano Urbanistico Generale (PUG), documento “regia” di un nuovo modello di sviluppo della città. La strategia delle politiche urbanistiche avrà il compito di affrontare le emergenze, attraverso atti di indirizzo trasparenti ed azioni di monitoraggio;... “(documento 07 Maggio 2016); per affrontare questi 2 temi, la cui soluzione era negli interessi reali dei cittadini, non ci sarebbero voluti molti “quattrini” ma collegialità, determinazione, saper operare contemporaneamente per l’immediato e il futuro; facile a dirsi, impossibile praticarlo se non si ha una visione razionale e scientifica della società, un dna che la coalizione non poteva avere in considerazione del prevalere della cultura mistica al suo interno, percui affidarsi alla provvidenza e ai sogni. Il mancato avvio di questi 2 temi e la esosa tassazione, ha di fatto posta la giunta Lucilla in una situazione di continuità amministrativa con la giunta Povia;
-il catalogo propagandistico sulle cose fatte, con tutta la buona volontà. non può coniugarsi con quello di cambiamento;
-il carattere infantile dell’operato della giunta Lucilla,(in questa accezione, per i comunisti il termine infantile, non è dispregiativo, nella logica concreta delle cose esprime lo stadio dello sviluppo della conoscenza e quindi della coscienza, cioè esprime i diversi aspetti della natura, dal neonato all’adulto dall’inesperienza all’esperienza, dal vecchio al nuovo, ecc);
-che la giunta Lucilla è stata concepita  e costruita con il consenso personale e fondata sulla fedeltà, e che ha sempre anteposto arrogantemente la propria “saggezza” agli  innumerevoli contributi che venivano dal suo interno e dall’esterno;
-l’organizzazione militaresca della coalizione “Un Impegno…in Comune”  ha permesso una discreta disciplina necessaria in una campagna elettorale che ha coinvolto persone prive di esperienza, ma che è la causa principale della mancanza di confronto che ha caratterizzato il modo di agire della giunta Lucilla. La mancata partecipazione democratica ai processi decisionali, il mancato coinvolgimento dei consiglieri di maggioranza nelle scelte strategiche è sintomo di una concezione della politica accentratrice, autoritaria, evidenzia una giunta in cui prevale un “colonnellismo alla gioiese”.
E’ la causa reale della prematura uscita di scena dell’amministrazione Lucilla
Eppure  l’amministrazione Lucilla si è schierata contro la modifica della costituzione  voluta da Renzi!!
Purtroppo per i soci di “Un Impegno…in Comune”  questa visione amministrativa osannata in Italia negli anni 30, oggi dagli oderni cultori della “democrazia diretta” nella versione Bertinottiana o in quella della Casaleggio associata, praticata con determinazione negli attuali circoli dominanti nelle istituzioni europee, ha avuto nella maggioranza di governo nel consiglio comunale, nel nome degli interessi comuni, tre coraggiosi oppositori contro la vecchia politica ma purtroppo quasi generalmente ancora praticata e in auge in molte parti del mondo.
La caduta dell’Amministrazione Lucilla è la sconfitta di quel settore piccolo borghese locale e non, secondo cui è sufficiente onestà e giovinezza  per affermare i diritti individuali e collettivi nella società Ma questo è un sogno, cioè un’astrazione priva di fondamento; una scelta opportunistica, fondata sulla delega “vedete voi” a cui corrisponde “me la vedo io che sono bravo”
La realtà ci dice che combattere e vincere la vecchia politica ovvero quella odierna, fondata sullo sfruttamento dell’uomo da parte di un altro uomo, sulla egemonia imperiale e personale,sulla finanziarizzazione sella società, sulla speculazione e sulla corruzione, significa che dobbiamo portare avanti la onorevole e gloriosa guerra di popolo; non servono i “poveri di spirito” ma l’organizzazione di uomini e donne dignitose che completano la lotta, nelle attuali condizioni, dei partigiani italiani. Una lotta impegnativa, multidisciplinare: politica, economica, culturale, giusta, è la lotta per la liberazione della società, per la giustizia sociale.





domenica 28 gennaio 2018

il 2017 del nostro comune: le delusioni si moltiplicano

Sabato 20 Gennaio nella sede del Gruppo Atlante abbiamo analizzato i principali aspetti dell'Amministrazione Comunale di Gioia Del Colle attraverso l'analisi dei dati del bilancio.
E’ evidente un’ attività di bilancio amministrativo caratterizzato da accantonamenti finanziari a scapito di investimenti, si agisce come un’azienda che non ha un piano industriale. Dicono che non ci sono soldi, eppure:
• La Gestione Commissariale ha dotato l’attuale Amministrazione dei fondi necessari per far fronte ad eventuali soccombenze, altrimenti definite «debiti fuori bilancio».
• Nel 2016 è stata utilizzata la cifra di Euro 483.635,75 per far fronte a delle soccombenze.
• Tuttavia, sempre nel 2016, è stata accantonata la cifra di Euro 66.754,70 allo stesso fondo per soccombenze ed Euro 268.728,81 al fondo rischi spese legali
• Nel secondo semestre 2016, l’attuale Amministrazione ha riconosciuto Debiti Fuori Bilancio per circa 71 mila Euro.

• Il RENDICONTO DELLA GESTIONE 2016 si è chiuso con un avanzo di Amministrazione €. 12.788.005,59;
• L’Avanzo Libero del RENDICONTO DELLA GESTIONE 2016 ammontava a Euro 917.445,01
•Il preventivo 2017 in base ai dati esposti risultava in equilibrio e risultava rispettare il PROSPETTO VERIFICA RISPETTO DEI VINCOLI DI FINANZA PUBBLICA con un surplus di 607.963,81.
• Il Consiglio Comunale ha ratificato la Delibera di Giunta n. 306 del 23-11 con delibera n. 88 del 21/12/2017. «VERIFICATO il permanere degli equilibri di bilancio nonché il rispetto dei vincoli di finanza pubblica;»
• Il dibattito in Consiglio Comunale per la ratifica delle variazioni deliberate dalla Giunta è stato preceduto da una polemica circa l’esistenza di un «buco di bilancio», dovuto a Residui Attivi divenuti inesigibili. Di fatto tali crediti erano divenuti inesigibili, n quanto erano già stati svalutati

mercoledì 8 novembre 2017

1917-2017 100 anni dalla rivoluzione d’ottobre Politica attuale per conquistare pace-lavoro-giustizia sociale-ambiente


Quei giorni...

                          L’ABBATTIMENTO DEL GOVERNO PROVVISORIO.
                     IL PASSAGGIO DEL POTERE AI SOVIET

“Nella notte del 24 ottobre (6 novembre) i1 governo provvisorio diede l’ordine di occupare lo Smolnyj e di sollevare i ponti sulla Neva per isolare i rioni operai dal centro. Nel frattempo vennero fatti affluire al palazzo d’Inverno nuovi reparti di junkers da Peterhof e Oranienbaum, i “ battaglioni d’assalto ” appositamente creati per la lotta contro la rivoluzione e il “ battaglione della morte ” femminile. I1 24 ottobre i1 comandante in capo del distretto militare di Pietrogrado, colonnello Polkovnikov, comandò di allontanare dai reggimenti e consegnare ai tribunali i commissari del Comitato militate rivoluzionario. Fu fatto divieto ai soldati di uscire dalle caserme. L’ordine diceva: “ Tutti coloro che, nonostante l’ordine, interverranno con le armi per le strade, saranno deferiti al tribunale con 1’accusa di ribellione armata ”. La controrivoluzione passava a1l’attacco aperto, assumendosi con ciò la responsabilità di dare il via alla guerra civile.
La mattina del 24 ottobre un reparto di junkers fece irruzione nella tipografia dove venivano stampati i giornali bolscevichi “ Pravda ” (che usciva allora sotto la testata del “ RaboéiPutj ”) e “ Soldat ”. Informato di queste mosse, il Comitato Centrale del partito bolscevico invitò il Comitato militare rivoluzionario a inviare forze rivoluzionarie, Guardie Rosse e soldati in assetto di guerra alla tipografia per cacciare gli junkers e proteggere la tipografia e le redazioni dei giornali bolscevichi. Su direttiva del Comitato Centrale, il Comitato del partito bolscevico di Pietrogrado invito le masse rivoluzionarie a passare all’attacco per “ l’abbattimento immediato del governo e il passaggio del potere ai soviet dei deputati operai e dei soldati, sia al centro che nelle altre località ”.
I1 Comitato militare rivoluzionario diffuse fra i propri commissari e fra i comitati di reggimento un ordine scritto nel quale si diceva: “ Il soviet di Pietrogrado è minacciato da un pericolo immediato: questa notte elementi controrivoluzionari hanno cercato di fare affluire dalla periferia a Pietrogrado gli junkers e i battaglioni d’assalto. I giornali ‘Soldat’ e ‘Raboéi Putj ’ sono stati chiusi. Si ordina ai reggimenti di prepararsi al combattimento. Aspettate ulteriori direttive. Qualunque indugio e turbamento saranno ritenuti un tradimento della rivoluzione ”.
Le Guardie Rosse e i soldati rivoluzionari cacciarono gli junkers dalla tipografia dei giornali bolscevichi. Alle 11 del 24 ottobre usci il “ Raboéi Putj ”, con l’appello del partito bolscevico a insorgere per 1’abbattimento del governo provvisorio e l’instaurazione del potere dei soviet. “ Il potere deve passare nelle mani dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini. Al potere vi deve essere un nuovo governo eletto dai soviet, revocabile dai soviet, responsabile davanti ai soviet ”, scriveva il giornale.
In poche ore si mise in movimento un’enorme massa di forze rivoluzionarie: Guardie Rosse, ‘soldati e marinai, complessivamente più di 200 mila persone. Ogni unità rivoluzionaria ebbe assegnato dal Comitato militare rivoluzionario un obiettivo di combattimento: “ Non posso ricordare senza stupore — scriveva pù tardi Lunaéarskij questo lavoro sbalorditivo. Ritengo l’attività del Comitato militare rivoluzionario nei giorni dell’ottobre una di quelle manifestazioni dell’energia umana, che mostra quali incalcolabili riserve si nascondano in un cuore rivoluzionario e di che cosa questo sia capace quando sente la tonante voce della rivoluzione ”. In aiuto a Pietrogrado si mossero le navi da guerra della flotta del Baltico. Utilizzando la stazione radio dell’incrociatore “ Aurora ”, i1 Comitato militare rivoluzionario si rivolse a tutte le organizzazioni rivoluzionarie fuori Pietrogrado invitandole a mobilitare tutte le forze per impedire l’afflusso nella capitale dei convogli di soldati chiamati dal governo provvisorio. Le truppe del fronte e i reggimenti cosacchi, su cui il governo aveva fatto affidamento, furono tenuti lontano dalla capitale.
I1 24 ottobre il reparto ciclisti rifiutò di prestare servizio di difesa al palazzo d’Inverno. La guarnigione della fortezza di Pietro e Paolo si schierò dalla parte della rivoluzione. Già nelle prime ore di battaglia frontale si manifesto l’isolamento del governo. In un rapporto del comando del distretto militare di Pietrogrado, inviato al Quartier generale, si rilevava che “ si e creata l’impressione che il governo provvisorio si trovi nella capitale di uno stato nemico ”.
Nella notte del 25 ottobre (7 novembre) Lenin giunge allo Smolnyj.  L’insurrezione si sviluppava con successo. Le Guardie Rosse, i soldati rivoluzionari e i marinai avevano ripreso agli junkers i ponti sulla Neva e occupato la centrale telegrafica. Gli allievi ufficiali junkers occupavano ancora l’agenzia telegrafica, le stazioni ferroviarie, la centrale elettrica, la Banca di Stato e altri uffici e punti importanti. Gli operai di Pietrogrado ebbero un ruolo decisivo nel garantire il successo della insurrezione; essi agivano di comune accordo con la guarnigione della capitale che li appoggiava. Nelle prime file della rivoluzione marciavano i marinai della flotta del Baltico.
Dopo aver occupato i rioni operai, i reparti rivoluzionari mossero verso il palazzo d’Inverno, trasformato in principale fortezza della controrivoluzione. Le Guardie Rosse, i marinai e i reggimenti rivoluzionari presero posizione come era stato predisposto nel piano del Comitato militare rivoluzionario.
Kerenskij diede ordine di schiacciare l’insurrezione, di occupare lo Smolnyj, di distruggere il Comitato Centrale del partito bolscevico e il Comitato militare rivoluzionario e d’inviare immediatamente a Pietrogrado truppe dal fronte. Ma il meccanismo del vecchio potere statale era inceppato. L’attività del governo, del distretto militare di Pietrogrado, del quartier generale era paralizzata.
L’insurrezione si sviluppò senza spargimento di sangue e con eccezionale rapidità. Il mattino del 25 ottobre (7 novembre) la capitale era di fatto sotto il controllo del Comitato militate rivoluzionario. Solo i1 palazzo d’Inverno, il comando supremo, il palazzo Mariinskij e pochi altri punti nel centro della città erano ancora nelle mani del governo. Kerenskij travestito da donna fuggi a Pskov, a1 Quartier generale del fronte settentrionale, su di un’autornobi1e de1l’ambasciata americana.
Alle 10 del mattino del 25 ottobre (7 novembre) il Comitato militate rivoluzionario pubblicò un appello di Lenin (“ Ai cittadini di Russia”), che informava del corso vittorioso della rivoluzione socialista e dell’abbattimento del governo provvisorio. Questa grande notizia si diffuse per tutto lo sterminato paese. Nel pomeriggio del 25 ottobre Lenin parlo al plenum del soviet di Pietrogrado e annunciò: “La rivoluzione operaia e contadina, sulla cui necessità hanno sempre parlato i bolscevichi, si è compiuta”
Restava da occupare il palazzo d’Inverno, sede del governo provvisorio. La sera del 25 ottobre il palazzo fu completamente accerchiato. I migliori reparti rivoluzionari erano in prima linea. Per evitare spargimento di sangue il Comitato militare rivoluzionario intimò al governo provvisorio di capitolare entro 20 minuti, ma non avendo ricevuto risposta, si preparò all’assalto. Alle 21 e 40 una salva dall’incrociatore “Aurora” diede il segnale dell’attacco. Gli junkers che difendevano il palazzo avevano eretto barricate, dalle quali sparavano, ma la loro resistenza fu presto infranta. Nella notte la demoralizzazione già serpeggiava fra i difensori. Per primo si arrese un plotone
del battaglione femminile, seguito subito dopo da una parte degli junkers della Scuola 'a1lievi ufficiali del fronte settentrionale. I reparti rivoluzionari portarono allora la battaglia all’interno del1’edificio. “ Fu questo un momento eroico della rivoluzione, meraviglioso e indimenticabile — racconta Podvojskij —. Nel buio della notte, rischiarati da una tenue luce e avvolti nel fumo greve degli spari, da tutte le vie adiacenti, dagli angoli più vicini, come terribili, fuggenti ombre, correvano frotte di Guardie Rosse, di marinai, di soldati, inciampando, cadendo e subito rialzandosi, ma mai interrompendo, neanche per un secondo, la loro impetuosa, travolgente fiumana... Un attimo e 1e barricate, i loro difensori e coloro che le prendevano d’assalto si fondevano in una unica massa, scura, ribollente come un vulcano; ne1l’attimo susseguente il grido vittorioso echeggiava già dall’altra parte della barricata.
La fiumana umana sommerge il cancello, 1e entrate, le scalinate del palazzo”.
A notte inoltrata i reparti rivoluzionari occuparono il palazzo d’Inverno. Alle 2.10 del 26 ottobre ('8 novembre) i membri del governo provvisorio che si trovavano nel palazzo furono arrestati. Con la conquista del palazzo d’Inverno e l’arresto dei membri del governo provvisorio si concludeva vittoriosamente 1’insurrezione armata a Pietrogrado. Essa rappresentò un significativo esempio di vittoria del popolo sulla borghesia senza spargimento di sangue; e il fatto fu rilevato da tutti i testimoni obiettivi di quegli avvenimenti.
 I1 25 ottobre (7 novembre) passo alla storia dell’umanità come il giorno della vittoria della grande Rivoluzione socialista d’Ottobre, che segnava l’inizio di una nuova era, l’era del comunismo.

L’APERTURA DEL II CONGRESSO PANRUSSO DEI SOVIET.
LA PROCLAMAZIONE DEL POTERE SOVIETICO
II II congresso panrusso dei soviet, che esprimeva gli interessi del popolo lavoratore, rafforzò, con le sue decisioni, la vittoria de1l’insurrezione armata. Il congresso iniziò i suoi lavori allo Smolnyj alle 22.45 del 25 ottobre (7 novembre). Erano rappresentati 402 soviet, più che nel I congresso del giugno 1917. La composizione del congresso rifletteva il rapporto delle forze di classe che si era creato nel1’ottobre 1917. Su 673 delegati, 390 erano bolscevichi, 160 socialrivoluzionari (per la maggior parte socialrivoluzionari di sinistra), 72 menscevichi. I rimanenti rappresentavano piccole frazioni o erano delegati senza partito. 505 delegati avevano ricevuto dai loro elettori il mandato che esigeva il passaggio del potere ai soviet. Nel mandato del soviet di Minsk, per esempio, si diceva
“Tutto il potere del paese deve appartenere soltanto ai soviet dei deputati operai, soldati e contadini. Nessun accordo con la grossa borghesia, nessuna partecipazione a un governo dei capita1isti”.
I1 mandato chiedeva di concludere una pace giusta e democratica, di liquidare la proprietà privata sulla terra e di dare subito, ancor prima del1’Assemblea costituente, la terra ai contadini. Un altro mandato, quello del soviet di Lugansk, rilevava: “L’unica via d’uscita dal1’attuale situazione noi la vediamo ne1l’immediato passaggio dei poteri nelle mani dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini”. Anche questo mandato esigeva una pace senza annessioni né riparazioni di guerra, sulla base dell’autodeterminazione dei popoli,

 lo scioglimento del pre-Parlarnento, l’introduzione del controllo operaio sulla produzione. I contadini del distretto di Gdov scrissero che il governo provvisorio si era dimostrato completamente incapace di accogliere la volontà popolare “ Noi dichiaravano — da questo momento e mai più potremo avere fiducia in un potere irresponsabile davanti al popolo e chiediamo che il congresso panrusso... prenda il potere nelle sue mani, tanto nelle citta quanto nelle campagne ”.
Le masse popolari affidavano le loro migliori speranze a1 passaggio del potere ai soviet e lo dichiaravano apertamente nelle deliberazioni delle riunioni degli operai, dei soldati e dei contadini. Una risoluzione approvata nella provincia di Tambov diceva: “Siamo convinti che attorno ai soviet si organizzerà la demo-crazia rivoluzionaria, Che metterà fine alla guerra fratricida, scatenata dalla borghesia mondiale. La terra sarà assegnata al popolo 1avoratore, ai contadini-agricoltori senza riscatto”.
I1 menscevico F. I. Dan, a nome del Comitato Esecutivo Centrale uscente, apri i lavori del II congresso panrusso dei soviet, ma subito la direzione del congresso passo ai bolscevichi, perché erano il gruppo più numeroso. Nel nuovo presidium, formato sulla base della rappresentanza proporzionale, entrarono: Lenin, Antonov-Ovseenko, Kollontaj, Krylenko, Lunaéarskij, Noghin e altri per i bolscevichi; Kamkov, Karelin, Spiridonova per i socialrivoluzionari di sinistra. I rappresentanti dei socialrivoluzionari di destra, dei menscevichi e del Bund rifiutarono la loro partecipazione, anzi ruppero subito con i bolscevichi, passando a difendere apertamente il governo provvisorio controrivoluzionario e definendo calunniosamente la Rivoluzione d’Ottobre un “putsch rnilitare”. Abbandonarono il congresso e, unendosi ai cadetti, parteciparono alla creazione di un centro controrivoluzionario, i1 cosiddetto “Comitato per la salvezza della patria e della rivoluzione ”. I delegati del congresso accompagnarono l’uscita dei leaders opportunisti col grido di “ Disertori! ”, “ Traditori! ”.
La frazione bolscevica diede lettura di una risoluzione, nella quale si affermava che “ la diserzione degli opportunisti non indebolisce i soviet ma li rafforza, in quanto ripulisce dalle scorie controrivoluzionarie la rivoluzione operaia e contadina ”.
A notte inoltrata giunsero alla seduta del congresso i partecipanti all’assalto del palazzo d’Inverno, portando la notizia della sua caduta e del1’arresto dei membri del governo provvisorio. Subito dopo i1 congresso adottò il proclama di Lenin “Agli operai, ai soldati, ai contadini! ”, in cui si diceva: “ Forte della volontà de11’immensa maggioranza degli operai, dei soldati e dei contadini, forte della vittoriosa insurrezione compiuta a Pietrogrado dagli operai e dalla guarnigione i1 congresso prende il potere nelle sue mani”. I1 documento proclamava inoltre i1 passaggio del potere locale ai soviet dei deputati operai, soldati e contadini, ai quali spettava garantire un ordine veramente rivoluzionario. II congresso proclamò poi la Russia repubblica dei soviet e il potere sovietico unico potere legale nel paese. I1 proclama conteneva il programma d’azione del potere sovietico: la proposta di una pace democratica a tutti i popoli e un armistizio immediato su tutti i fronti; il passaggio gratuito delle grandi proprietà fondiarie, delle terre demaniali e dei monasteri ai comitati contadini; l’instaurazione del controllo operaio sulla produzione; la garanzia a tutte le nazioni che popolavano la Russia del diritto effettivo a11’autodeterminazione; una completa democratizzazione dell’esercito.
I1 congresso invitava i soldati a difendere la rivoluzione contro tutti gli attacchi de1l’imperialismo, a essere vigilanti e fermi sino a1 momento in cui il nuovo governo sovietico non avesse concluso una pace democratica. La difesa dello stato socialista dall’aggressione imperialistica diventava uno dei compiti principali del potere sovietico.



                                        I DECRETI SULLA PACE E SULLA TERRA. 
                                       LA FORMAZIONE DEL GOVERNO SOVIETICO

La sera del 26 ottobre (8 novembre) si tenne la seconda e ultima seduta del II congresso dei soviet. Fu decisa l’abolizione della pena di morte al fronte e la liberazione immediata dalle prigioni di tutti i soldati e ufficiali arrestati per attività rivoluzionarie. Neg1i appelli a tutti i soviet provinciali e distrettuali dei deputati operai, soldati e contadini e nel proclama ai cosacchi, il congresso chiamò le masse lavoratrici delle retrovie e del fronte a lottare attivamente per il potere sovietico, a formare il nuovo stato e il nuovo regime sociale.
I rapporti di Lenin sulla pace e sulla guerra furono al centro del1’attenzione del congresso: “La questione della pace -disse Lenin nella sua relazione al congresso- è la questione urgente, la questione nevralgica dei nostri giorni. Se ne è molto parlato, scritto, e voi tutti, certamente, l’avete non poco discussa. Permettetemi perciò di passare alla lettura della dichiarazione, che dovrà pubblicare il governo da voi eletto” ‘. Lenin diede lettura del progetto di decreto sulla pace che lui stesso aveva redatto. Uno dei partecipanti al congresso racconta: “c’era un silenzio tale che sembrava nessuno respirasse. E poi, come se tutta la sala mandasse un sospiro di liberazione, proruppe un uragano di applausi, di grida di entusiasmo... Cosi il nostro congresso teneva
fede, adottando questa storica decisione, alla volontà popolare. La Russia rivoluzionaria diventava l’alfiere della pace in tutto ii mondo e chiamava i popoli a porre fine a1 sanguinoso orrore della guerra”.
Nel decreto sulla pace il governo sovietico proponeva a tutti i paesi belligeranti e ai loro governi d’iniziare immediatamente trattative per una pace giusta e democratica senza annessioni né indennità. Si chiariva che per annessioni il governo sovietico “ intende, conformemente alla concezione giuridica della democrazia in generale e delle classi lavoratrici in particolare, qualsiasi annessione di un popolo piccolo o debole a uno stato grande e potente, senza che quel popolo ne abbia espresso chiaramente, nettamente e volontariamente il consenso e il desiderio, indipendentemente dal momento in cui quest’annessione forzata é stata compiuta, indipendentemente anche dal grado di progresso o di arretratezza della nazione annessa forzatamente o forzatamente tenuta entro i confini di quello stato, e infine indipendentemente dal fatto che questa nazione risieda in Europa o nei lontani paesi transoceanici ".
 Questa definizione dell’annessione ebbe un enorme significato internazionale, in particolare per i paesi coloniali e semicoloniali.
I1 decreto sulla pace denunciava il carattere imperialistico della guerra, ne bollava i colpevoli e indicava le vie di uscita: “ Continuare questa guerra per decidere come le nazioni potenti e ricche devono spartirsi le nazioni deboli da esse conquistate [il governo sovietico ritiene] sia il più grande delitto contro l’umanità e proclama solennemente la sua decisione di firmare subito le condizioni di una pace che metta fine a questa guerra in conformità delle condizioni sopraindicate, parimenti giuste per tutti i popoli senza eccezione ” Si proponeva ai governi di tutti i paesi belligeranti di concludere immediatamente un armistizio per non meno di tre mesi, per un periodo di tempo cioè largamente sufficiente a condurre a termine le trattative di pace con la partecipazione dei rappresentanti di tutti i popoli e nazioni trascinati nella guerra o costretti a parteciparvi, e di convocare le assemblee dei rappresentanti popolari di tutti i paesi, investite di pieni poteri, per ratificare definitivamente le condizioni di pace.
I1 decreto sulla pace prevedeva che i1 governo sovietico avrebbe proceduto alla pubb1icazione integrale dei trattati segreti “confermati o conclusi dal governo dei proprietari fondiari e dei capitalisti, dal febbraio al 25 ottobre 1917 ”, e 'dichiarava incondizionatamente e immediatamente abrogato “ tutto il contenuto di questi trattati ”. Inoltre i1 governo sovietico procedeva a una completa rottura con la politica estera imperialistica del regime zarista, facendo perciò rilevare di non considerate affatto come un ultimatum le sue condizioni di pace e dichiarandosi pronto a esaminare eventuali condizioni avanzate dalle altre potenze. Questo documento non era indirizzato soltanto ai governi delle potenze belligeranti, ma specialmente ai popoli. Rivolgendosi in modo particolare agli operai de11’Inghilterra, della Francia e della Germania, il governo sovietico esprimeva la certezza che “essi avrebbero compreso i compiti che stanno ora davanti a loro per la liberazione dell’umanità dagli orrori della guerra e dalle sue conseguenze” e avrebbero aiutato lo stato sovietico “a far trionfare la causa della pace ” Il  II congresso dei soviet approvo all’unanimità i1 decreto sulla pace, il primo decreto del potere sovietico. Comincio cosi la lunga e tenace lotta del governo sovietico per la pace e la sicurezza dello stato sovietico e dei popoli di tutto il mondo, per l’attuazione del principio leninista della coesistenza pacifica fra sistemi sociali diversi, per lo sviluppo di rapporti internazionali sulla base della parità dei diritti fra le nazioni sia piccole che grandi. Sottolineando l’aspirazione de1 potere sovietico a ottenere la pace con gli stati capitalistici, Lenin disse: “Noi respingiamo tutte 1e clausole che concernono le rapine e le violenze, ma non possiamo respingere le clausole che stabiliscono condizioni di buon vicinato e accordi economici; le accetteremo con piacere” Lenin dedico il secondo rapporto alla questione della terra che, come la questione della pace, toccava gli interessi più profondi di masse di milioni di lavoratori. I1 decreto sulla terra aboliva la proprietà fondiaria senza alcuna indennità. Le terre dei proprietari-fondiari, demaniali, dei monasteri, della Chiesa, con tutte le loro scorte vive e morte, gli stabili delle masserie e tutte le loro suppellettili passavano a disposizione dei comitati agricoli mandamentali e dei soviet circondariali dei deputati contadini. I1 decreto stabiliva che “qualunque danno arrecato ai beni confiscati che da questo momento appartengono a tutto il popolo, è dichiarato grave delitto punibile dal tribunale rivoluzionario”. Erano esenti da confisca le terre dei contadini poveri e dei semplici cosacchi. I1 decreto dichiarava abolito per sempre il diritto di proprietà privata sulla terra e la sua sostituzione con la proprietà statale di tutto il popolo, Era l’attuazione del principio fondamentale del programma agrario del partito bolscevico: la nazionalizzazione della terra. Erano proibiti la vendita, l’acquisto, l’aflitto della terra e il lavoro salariato, e veniva introdotto i1 godimento ugualitario della terra, in base alla norma del lavoro o del consumo, con ripartizioni periodiche del fondo agrario. A base del decreto fu posto il mandato dei contadini sulla terra, compilato dalla redazione delle “Izvestija” del soviet dei deputati contadini di tutta la Russia, in base ai 242 mandati locali dei lavoratori della terra. La richiesta d’introdurre il godimento egualitario della terra espressa dai mandati dei contadini era dettata dalla speranza di far cessare il processo di differenziazione nelle campagne: Lenin dimostrò che simili attese erano illusorie, poiché la differenziazione nelle campagne era il risultato obiettivo dello sviluppo dell’economia mercantile. Tuttavia, sebbene il partito bolscevico fosse contrario al godimento egualitario della terra come mezzo di riorganizzazione sociale nelle campagne, ritenne necessario soddisfare il desiderio dei contadini “ ...come governo democratico non potremmo trascurare una decisione delle masse popolari, anche se non fossimo d’accordo. All’atto pratico, con l’applicazione del decreto, con la sua attuazione nelle varie località, i contadini stessi comprenderanno dov’é la verità”. I1 partito bolscevico indicava la via d’uscita dalla miseria e dalla rovina per tutti i contadini: la riorganizzazione socialista delle campagne.
Anche il decreto sulla terra fu approvato all’unanimità dal congresso e divenne il punto di avvio della politica agraria del potere sovietico. I contadini, come risultato della riforma agraria, ricevettero gratuitamente più di 150 milioni di ettari di terra delle proprietà fondiarie, demaniali, dei monasteri eccetera. Il valore di tutto il fondo agrario concesso dal potere sovietico ai contadini era pari ad alcuni miliardi di rubli-oro. I contadini furono liberati dal pagamento annuo di enormi canoni d’affitto, dal debito con la Banca del fondo agrario contadino per la somma di circa 3 miliardi di rubli e da vari altri indebitamenti e ricevettero le scorte delle proprietà fondiarie per un valore di circa 300 milioni di rubli. Il II congresso dei soviet nominò il governo operaio-contadino della repubblica russa: il Consiglio dei Commissari del Popolo. Lenin fu nominato capo del governo.
Nel Consiglio dei Commissari del Popolo entrarono solo i rappresentanti del partito bolscevico. I socialrivoluzionari di sinistra, non volendo rompere completamente con i loro compagni di destra, respinsero la proposta dei bolscevichi dj entrare a far parte del governo. Nel decreto sulla formazione del governo sovietico era precisato che il congresso panrusso dei soviet dei deputati operai, contadini e soldati e il Comitato Esecutivo Centrale di tutta la Russia,da questi eletto,avevano il diritto di controllare l’attività dei Commissari del Popolo e se necessario, di sostituirli. Entrarono a far parte del Comitato Esecutivo Centrale di tutta la Russia 101 persone, di cui 62 bolscevichi, 29 socialrivoluzionari di sinistra, 6 socialdemocratici internazionalisti e 4 rappresentanti di altri partiti. Le decisioni del II congresso dei soviet riflettevano l’avvenimento storico-mondiale del passaggio del potere in Russia nelle mani del popolo, vero protagonista della storia…..”
 (storia universale-accademie delle scienze dell’URSS vol 8 capit. 1)




domenica 29 ottobre 2017

Speciale: i numeri del vino ovvero da alimento a strumento di profitto

...Una volta..

“Geograficamente Gioia del Colle, situato al centro dell'area interessata, è un piccolo agglomerato di case che circondano il bellissimo castello che Federico II di Svevia fece edificare nel 1230. La coltivazione della vite e la produzione del vino nel territorio di Gioia del Colle erano già attive tra l'VIII° ed il III° sec. a.C. (Peucezia), come testimoniano i numerosi ritrovamenti di contenitori destinati a contenere vino nella zona archeologica di Monte Sannace, il più grande abitato peucetico noto, a pochi chilometri da Gioia del Colle (alcuni reperti si possono ammirare nel museo archeologico sito all'interno del castello).  Gli unici documenti storici certi dell’origine del Primitivo( vitigno più rappresentativo della doc gioia del Colle  risalgono all’inizio del secolo scorso quando nel 1919 il Direttore del Consorzio di Difesa della Viticoltura di Bari, Prof. G. Musci, dichiarò in una sua pubblicazione, che l’abate primicerio Francesco Filippo Indellicati fu il primo a effettuare una sorta di “selezione clonale” del Primitivo. L’abate nato e cresciuto a Gioia del Colle oltre ad essere il primicerio della Chieda Madre locale era anche un grande esperto di botanica e agronomia. Su finire del secolo,nata nelle campagne gioiesi di molta uva da vino, costume allora alquanto diffuso. Tra le varie uve tra di loro mischiate, una varietà maturava prima delle altre, pur avendo una fioritura abbastanza tardiva. Per tale caratteristica la denominò “Primaticcia o Primativo” dal latino “primativus”. Il primicerio effettuò un’attenta selezione delle marze della varietà e li impiantò in agro di Gioia del Colle in una zona denominata “Liponti” che fa ancora oggi parte della contrada denominata “Terzi”. L’appezzamento era dell’estensione di otto quartieri che oggi corrispondono a circa 0,15 ettari per un totale di 625 ceppi, che sono la prima monocoltura che si ricordi di vino Primitivo in queste zone. Dal 1820 in poi il vitigno si estese anche all’agro di Acquaviva delle Fonti dove sin da subito si riscontrò una maggiore gradazione alcolica finale. Tale situazione fece diventare il comune di Acquaviva la sede del in cui si fissava il prezzo dell’uva alla vendemmia. Successivamente il vitigno iniziò la sua espansione nei comuni limitrofi interessando Cassano delle Murge, Sammichele di Bari, Noci e Castellana Grotte, arrivando sino al litorale adriatico e espandendosi anche in altre direzioni quali Santeramo in Colle, Altamura e Gravina. Secondo una relazione di inizio secolo scorso di Musci nell’intervallo di tempo compreso tra il 1820 e la fine del secolo XIX il vitigno era coltivato in Puglia nei seguenti comuni: Gioia del Colle, Acquaviva delle Fonti, Santeramo in Colle, Altamura, Gravina, Cassano delle Murge, Sammichele di Bari, Casamassima, Grumo Appula, Toritto, Sannicandro di Bari, Turi, Bitritto, Modugno, Bitonto, Palo del Colle, Adelfia, Rutigliano, Conversano, Castellana Grotte, Putignano, Noci e Alberobello. Elementi determinanti per imprimere le peculiarità di un vino sono il vitigno e l’ambiente, quest’ultimo inteso sia dal punto di vista fisico (clima e terreno) sia sotto l’aspetto antropologico (tradizioni, tecnica, professionalità). Di fondamentale importanza sono quindi i fattori umani presenti nel territorio di produzione che hanno inciso sulle caratteristiche del vino. Il territorio interessato dalla produzione dei vini “Gioia del Colle” presenta un paesaggio agrario caratterizzato da residui boschi di querce che costituiva la copertura naturale del territorio prima della presenza dell’uomo misti a frutticoltura mediterranea, mandorli e ciliegi, alla coltivazione di olivi e ampi appezzamenti destinati alla produzione di foraggio per l'allevamento. Il paesaggio rurale attualmente è caratterizzato da tipici, eleganti e lineari muretti a secco che delimitano e sostengono il terreno agrario lentamente accumulatosi nel tempo e sul quale l’uomo ha impiantato i vigneti che danno i vini interessati dal presente disciplinare. La pietra, in simbiosi con la vite, è parte integrante della Murgia ,e la caratterizza in molteplici aspetti agronomici ed enologici.   L’incidenza dei fattori umani,  nel corso della storia,  è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi,  che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: - base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione,  sono quelli  tradizionalmente coltivati da sempre nell’area geografica considerata:  il Primitivo che rappresenta circa il 60% della superficie vitata del territorio, Montepulciano, Sangiovese, ,Malvasia nera aleatico tra quelli a bacca rossa ed il Trebbiano tra quelli a bacca bianca ;   -le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura: anche questi elementi sono quelli tradizionali  e comunque sono tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare:. In particolare le forme di allevamento prevalentemente utilizzate nella zona sono l’Alberello, la Controspalliera ed il tendone: la prima forma rappresenta il 20%, la seconda il 70% e la terza il 10% del totale.  I sistemi di potatura adottati sono: per l’allevamento ad Alberello la potatura corta (al momento della potatura vengono lasciate 2 speroni con 3-4 gemme per ciascuna delle 2 o 3 branche), per l’allevamento a Controspalliera la potatura mista ( sperone e capo a frutto con circa 8-10 gemme).  La densità di impianto varia da 4.500 ceppi per la spallier



Da “disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata  “gioia del colle” approvato con  DPR 11.05.1987  GU n. 248 - 23.10.1987 Modificato con DM  30.11.2011 pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP “


Analisi del settore vitivinicolo  risvolti economici e lavorativi

All’interno di una complessiva considerazione generale dell’economia agricola è mia intenzione effettuare un’analisi del settore vitivinicolo essendone impiegato da diversi anni e scorgendone contraddizioni rilevanti.
Per  fare ciò è necessaria un’analisi mondiale, europea e regionale per quanto riguarda i rilievi statistici che gioveranno  alla oggettività delle mie considerazioni.
All’interno del report dell’OIV (organizzazione internazionale della vite e del vino) “ Congiuntura viticola mondiale: evoluzione e tendenze “  del 27 aprile 2015 a Parigi vennero analizzati dei dati certi sulla vitivinicoltura mondiale per l’annata 2014 : il totale degli ettari vitati nel mondo era di 7544 milioni con una produzione totale , esclusi succhi e mosti, di 279 milioni di ettolitri di vino.
Per  la scorsa annata 2016, invece la produzione stimata dalla suddetta organizzazione è di 267 milioni di ettolitri. Su questo totale l’Italia è leader della classifica con 48,8 milioni di ettolitri ed effettua il sorpasso sulla Francia che si attesta sui 41,9 milioni di ettolitri, pur rimanendo la produzione francese nella media degli anni 09/16 di 2 milioni superiore alla produzione italiana (46,4 Francia vs 44 Italia). Al terzo posto si posizione la Spagna che si attesta sui 36,4 milioni di ettolitri. Degni di nota sono le produzioni del “nuovo mondo”  vitivinicolo e particolarmente sorprendente risultano gli 11,5 milioni di ettolitri prodotti dalla Cina che supera l’Australia, attestandosi saldamente dietro gli USA (21,5 milioni di ettolitri), fatto straordinario se consideriamo il clima non propriamente vocato alla viticoltura della Cina. In sintesi l’Italia detiene il primato mondiale della produzione del vino con il 19% su scala planetaria e, insieme a Francia 16% e Spagna 15%, rappresentano il 50% della produzione mondiale. Nel panorama economico della vitivinicoltura italiana la Puglia, la nostra regione, ha prodotto nel 2015 (dati ISTAT) 7546 milioni di ettolitri attestandosi saldamente al secondo posto, al di sopra di Sicilia ed Emilia Romagna e dietro il Veneto; la Puglia dunque rappresenta attualmente il 15,5% della produzione nazionale di vino. Ma, oltre le cifre e le quantità produttive, è le rimarcare le peculiarità del prodotto vino nel momento in cui si fanno delle considerazioni di cambio economico rispetto al passato. Il vino un tempo era considerato un alimento tout court: era una delle fonti di sostentamento per i contadini ed aveva delle quotazioni alla stregua di alimenti come grano, latte e cereali. In quest’ultimo ventennio, invece, ha acquistato valore di profitto (da valore d’uso:  soddisfare i bisogni umani a valori di scambio: rapporti di quantitativi che si instaurano tra il bene e il denaro). Mi spiego meglio: Il vino attualmente va ben  oltre il suo valore di alimento, di companatico, il vino al giorno d’oggi è vissuto e raccontato nei minimi dettagli (condizioni pedo-climatiche, regioni, tradizioni, denominazioni, vitigni) fino ad averne creato un prodotto corredato da marketing e sviluppi sull’economia turistica di un territorio. I primi a dare impulso a tale operazione furono senz’altro i francesi che già dal 1855 con la classificazione ufficiale dei vini di Bordeaux, città di riferimento tutt’ora nel mondo del vino, definì i migliori vini di Bordeaux per poterli esportare sul mercato mondiale instituendo i cosidetti CRU (Chateau Lafite, Margaux, Latour, ecc), vini ancora oggi prodotti e venduti a prezzi stratosferici. pubblica affidata ad un organismo privato.
 Tra l’altro la Francia istituì per prima le AOC (appellation di origine controllée) nel 1931 per far fronte a sindacati di viticoltori a cui fu affidato il comitato nazionale di propaganda del vino: una funzione
Per quanto riguarda l’italiana DOC o DOCG, le prime furono istituite nel 1963 e poi altre nel 1966 (il vino nobile di Montepulciano diventa nel 1980 la prima DOCG d’Italia).
 Il sistema della DOC e delle DOCG ha quindi regolamentato le produzioni ed i disciplinari di tutte le zone vitivinicole italiane, ma lascia ancora delle perplessità e dei divari di prezzi per litro a seconda del territorio, quasi sempre a scapito dei vini del sud, pur essendo questa la zona più produttiva (un litro di Brunello sfuso costa 8,5€/l mentre un litro di Trebbiano d’Abruzzo 0,35€/l). In questa opera di regolamentazione e di logica di valore aggiunto sul vino confezionato si muovono ed agiscono le più grandi aziende italiane, attestandosi tra le prime al mondo anche se la top 10 è di matrice USA ed AUSTRALIANA.
Secondo i dati di MEDIOBANCA  nel 2015 la prima azienda italiana del settore è il GIV (GRUPPO ITALIANO VINI) con 558 milioni di fatturato, seguita da CAVIRO (cooperativa romagnola) con 300 milioni e da ANTINORI (storica azienda toscana che ha anche diverse tenute in Puglia), il cui fatturato si aggira sui 209 milioni.
Se gli Antinori ed i Frescobaldi, due famiglie nobili Toscane, detengono il primato sul valore aggiunto del vino, essendo tra l’altro in possesso dei marchi più lussuosi come il Tignanello per Antinori ed il CRU Masseto per i Frescobaldi (400 euroa botg), il GIV si piazza tra le prime anche per valore aggiunto avendo fatto un’operazione do di piccole medie aziende su tutto il territorio nazionale, liberandosi se vogliamo di gestioni più dirette della terra e del lavoro agricolo, cosa sicuramente vantaggiosa ma lasciando ampi spazi di decisione alle cantine locali che reperiscono i lavoratori con i soliti metodi giornalieri e precari
Un altro colosso italiano è una cooperativa, non l’unica in realtà, è si tratta della CAVIRO.
La CAVIRO è una delle più grandi cooperative mondiali e segue tutto il settore enologico , dalla produzione in bric (Tavernello) a quella in bottiglia, dalla distillazione ai mosti concentrati fino ad arrivare all’estrazione dell’ enocianina (colorante) e dell’acido tartarico(coadiuvante enologico).
Essendo una cooperativa naturalmente ha dei vantaggi fiscali ma si comporta esattamente come tutte le aziende private diventando un vero e proprio colosso dell’enologia con un sistema a “matrioska” di cooperative e piccole e medie aziende vitivinicole.
Dal punto di vista degli aiuti europei al settore vinicolo è importante soffermarsi sui finanziamenti europei volti allo sviluppo del MERCATO del vino nei limiti della Comunità e verso i Paesi Terzi.
Nei Trattati di Roma del 1957 infatti fu decisa infatti la cosiddetta PAC (politica agricola comune) volta a creare criteri comuni ed uguale sviluppo di tutte le aree della CEE.
I Due fondi strutturali della PAC sono il FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) ed il FEAOG (Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia). Se quest’ultimo è il fondo che garantisce i pagamenti diretti agli operatori agricoli, il FEASR avrebbe come obiettivo quello di finanziare le innovazioni in agricoltura e nelle zone rurali. All’interno di questi aiuti si inserisce il programma di finanziamenti detto OCM vino, organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli , secondo programmi di finanziamento settennali (l’ultimo è il 2014-2020).
Ai bandi OCM possono accedere tutte le aziende vinicole ottenendo finanziamenti a fondo perduto dal 40% all’80% e nel limite del 20% del fatturato dell’ultimo anno.

 Se da una parte si scorge l’aspetto positivo della possibilità di accedere ai finanziamenti alle piccole cantine da sole o in ATI (associazione temporanea d’impresa) dall’altro i dati 2015 ci parlano di grossi finanziamenti ai grandi gruppi (CIV 5.67 milioni  GIV 3,017 milioni Caviro 743 mila €),
parliamo di 9 milioni di € su 71 totali erogati per le regioni italiane tutte!
 E quindi viene da chiedersi dove si trova la volontà di creare parità di sviluppo delle regioni sfavorite?
Dov’è la promozione del trasferimento di conoscenze ed innovazione se i grandi gruppi accentrano il potere sui mercati ?
E poi ancora dov’ è il favorire l’inclusione sociale , la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali?
Se è sicuro l’utilizzo delle nuove tecnologie, molte aziende stanno andando verso la raccolta meccanica e la prepotatura della vite, è anche certo il sottrarre ad un settore dalle forti radici popolari lavoro e continuità dei mestieri, i potatori son sempre meno e pochi giovani sanno cosa significa il duro lavoro della raccolta.
Per quanto riguarda lo sviluppo rurale poi non è di certo all’ordine del giorno una comunità che si riappropri dei paesaggi e ne curi l’ecologia e la sostenibilità, piuttosto vediamo il fiorire di nuove aziende private che di sicuro guardano all’interno dei propri cancelli figurando spesso come castelli in mezzo ad un mare di incuria pubblica.
E poi l’INCLUSIONE SOCIALE ne è l’aspetto più contradditorio. Ne siamo certi che ad una DOP di un’area vitivinicola segua una DOP dei diritti dei lavoratori agricoli?
Cioè ad un settore che insegue l’innovazione e lo sviluppo sui mercati spesso corrispondono contratti precari di lavoro se non rapporti sommersi o a nero.


La vita di un bracciante spesso comincia alla mattina in una piazza di un paese agricolo, soprattutto al sud, dove aspetta la chiamata ALLA GIORNATA che gli verrà pagata al prezzo di PIAZZA mediamente 45 €. Nei casi migliori quelle giornate che lavorerà gli saranno “segnate” in minima parte in una busta paga fasulla che firmerà a fine mese nella speranza di raggiungere le poco o più di cento giornate per ottenere l’indennità d
Ancora più grave è il caso in cui verrà arruolato da un CAPORALE che lo porterà nei luoghi di lavoro dove dopo le sue ore di lavoro dovrà cedere parte del suo compenso. E’ il caso questo ad esempio delle squadre che si dedicano all’ACININO (uva da tavola) o alla vendemmia sotto i tendoni magari dove è più facile dileguarsi in caso di controlli.
E poi l’aspetto più preoccupante è la competizione trasformata in vera e propria guerra tra poveri tra lavoratori di origine italiane e comunitari dell’est o africani, che rappresentano un vero e proprio arsenale di braccia a poco prezzo per tutte le aziende che vogliono abbattere i costi di produzione aumentando il margine di profitto.
Ecco se proprio deve essere INCLUSIONE SOCIALE l’UE dovrebbe davvero intraprendere politiche dell’allargamento dei diritti sui posti di lavoro e soprattutto nell’agricoltura tutta dove persistono sacche di conservatorismo padronale e di sfruttamento continuo di manodopera non dichiarata .
In conclusione il settore vitivinicolo se da una parte ha una parte fortemente attrattiva dal punto di vista edonistico dall’altra continua ad adoperare lo sfruttamento come consuetudine nel produrre.
Dalla relazione di Roberto Cardilli al convegno meridionale sull’agricoltura del Partito Comunista ad agosto scorso