martedì 3 marzo 2015

8 MARZO

Lottare per ridare dignità e valore a tutte quelle donne 
che in passato hanno lottato rimettendoci anche la vita. 


                   


La giornata internazionale della donna che si ricorda ogni anno l’8 marzo, è stata istituita per ricordare da un lato le conquiste politiche, sociali ed economiche delle donne, dall’altro le discriminazioni e le violenze che sono tutt’ora presenti in molte parti del mondo.

Nel nostro paese nel corso degli anni questa giornata ha subito delle trasformazioni. Nel dopo guerra c’e stato un forte movimento di donne che lottavano per migliorare le proprie  condizioni  di vita, sia sui posti di lavoro che nella società; negli anni 70 la vittoria del referendum sul  divorzio, sull’aborto, l’istituzione dei consultori, degli asili nido, la legge sulla maternità (la 1204)  insomma tutta una serie di conquiste in cui le donne si avviavano verso quel processo di emancipazione. Ma tutto ciò si è dissolto nel tempo. Infatti negli anni 80 e 90, anni in cui si beneficiava di un apparente benessere e minimamente si pensava di ritornare indietro, questa giornata si è trasformata in festeggiamenti, come regalare fiori e mimose alle donne, andare in pizzeria ecc..; insomma tutto in funzione al consumismo che cozzava e cozza in maniera tremenda contro il reale significato di questa giornata.
Quello che era nato come giorno che serviva a celebrare i diritti delle donne, a innalzare il loro ruolo nella società, un giorno per celebrare il loro coraggio, l’autodeterminazione, ora è un giorno svuotato di quei contenuti e valori. Questo non è retorica, serve a riflettere e ritornare sulle origini di questa giornata. Nonostante siano passati tanti anni, i contenuti e i simboli ci sembrano così vicini e attuali in considerazione della situazione politica ed economica che stiamo attraversando.
La crisi economica che dura ormai da diversi anni, in cui, governi di centro destra e centro sinistra, hanno imposto misure antipopolari, non ultimo il governo Renzi, ben allineato con le scelte economiche della troika (UE,FMI,BCE) facendoci ritornare indietro di anni. Perdite di posti di lavoro, mancanza di lavoro, abolizione dell’art.18, smantellamento dello stato sociale (scuola, sanità, servizi ecc), ha provocato un peggioramento della vita sociale e, soprattutto, la donna, è ricacciata tra le mura domestiche, ad accudire figli, a fare assistenza ai propri anziani, bisognosi di cure.
Purtroppo anche a Gioia sono presenti aziende in cui le condizioni di lavoro sono disumane,e le donne pur di mantenere il lavoro accettano vessazioni e sfruttamento.
Mentre assistiamo a questo disfacimento con livelli di povertà elevatissimi, con pericoli di guerra alle nostre porte, si muore per mancanza di posti letti negli ospedali (vedi ultimo la neonata morta a Catania); sono tutti problemi che ci devono dare la carica per lottare. La battaglia sulle quote rosa se sono finalizzate a se stesse, contano poco. Nel parlamento e nelle varie istituzioni c’è presenza femminile, ma il suo ruolo è finalizzato a che cosa? A portare avanti anche i problemi delle donne o fare numero ?  Certo nel parlamento vogliamo donne che guardano gli interessi di uomini e donne. Per esempio non guardiamo con positività il ruolo della ministra della difesa Pinotto in quanto donna: rispetto alla pace fortemente minacciata è ben allineata con le scelte del governo,  basti pensare che per le spese militari si spendono in Italia 50/52 milioni di euro al giorno.
Ritornando all’8 marzo. certamente come data simbolica, si pone la necessità di organizzarsi e lottare per ridare dignità e valore a tutte quelle donne che in passato hanno lottato rimettendoci anche la vita, far rivivere e riconquistare contenuti e valori per cui si sono battute.

“Quanto al perché la scelta sia caduta proprio l’8 marzo, la verità storica è piuttosto complessa e articolata….In sintesi, pare che il 27 agosto 1910 Clara Zetkin abbia proposto, sì, d´intitolare una giornata dell´anno alle lotte delle donne, ma senza specificare subito quale giorno dell´anno. E in ogni caso della proposta non se ne fece nulla di concreto fin dopo la fine della prima guerra mondiale. Fu infatti ignorata da parte delle donne borghesi (ed è facile intuire il perché, venendo essa dalle donne socialiste), ma neppure in ambito proletario venne accolta con entusiasmo. Non pochi fra gli stessi socialisti manifestarono il timore che una giornata specificatamente dedicata alla donna intaccasse l´unità di classe del proletariato. "Che cos´è la Giornata della Donna? È davvero necessaria? Oppure è solo una concessione alle donne della classe borghese, alle femministe e alle suffragiste? Non è dannosa all´unità del movimento operaio?", chiedeva Aleksandra Kollontaj in un articolo del 1913, rilanciando in forma di domanda le obiezioni e i mugugni dei compagni dubbiosi. Ai quali però ella stessa si affrettava a rispondere: "I lavoratori non dovranno preoccuparsi che ci sia un giorno separato e diverso chiamato Giornata della Donna. La Giornata della Donna e il lento e meticoloso lavoro condotto per elevare l´autocoscienza della donna lavoratrice servono la causa non della divisione, ma dell´unione della classe lavoratrice". Concludendo infine con un appello accorato: "Lasciate che il sentimento gioioso di servire la causa comune della classe lavoratrice e di lottare simultaneamente per l´emancipazione della donna ispirino le lavoratrici a unirsi nella celebrazione della Giornata della Donna!". Fu infine nel 1921 che, a Mosca, la seconda conferenza delle donne comuniste adottò la data dell´8 marzo come "giornata internazionale delle donne lavoratrici". La data prescelta pare che abbia a che fare non tanto con la tragedia di 129 operaie morte nell´incendio di una fabbrica a New York - come leggenda vuole -  quanto con la ricorrenza della prima grande manifestazione di operaie russe scese in strada  a San Pietroburgo contro il regime zarista il 23 febbraio 1917 (giorno corrispondente all´8 marzo, secondo il calendario giuliano vigente in Russia). Ada Donno (AWMR Italia), 

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