domenica 29 ottobre 2017

Speciale: i numeri del vino ovvero da alimento a strumento di profitto

...Una volta..

“Geograficamente Gioia del Colle, situato al centro dell'area interessata, è un piccolo agglomerato di case che circondano il bellissimo castello che Federico II di Svevia fece edificare nel 1230. La coltivazione della vite e la produzione del vino nel territorio di Gioia del Colle erano già attive tra l'VIII° ed il III° sec. a.C. (Peucezia), come testimoniano i numerosi ritrovamenti di contenitori destinati a contenere vino nella zona archeologica di Monte Sannace, il più grande abitato peucetico noto, a pochi chilometri da Gioia del Colle (alcuni reperti si possono ammirare nel museo archeologico sito all'interno del castello).  Gli unici documenti storici certi dell’origine del Primitivo( vitigno più rappresentativo della doc gioia del Colle  risalgono all’inizio del secolo scorso quando nel 1919 il Direttore del Consorzio di Difesa della Viticoltura di Bari, Prof. G. Musci, dichiarò in una sua pubblicazione, che l’abate primicerio Francesco Filippo Indellicati fu il primo a effettuare una sorta di “selezione clonale” del Primitivo. L’abate nato e cresciuto a Gioia del Colle oltre ad essere il primicerio della Chieda Madre locale era anche un grande esperto di botanica e agronomia. Su finire del secolo,nata nelle campagne gioiesi di molta uva da vino, costume allora alquanto diffuso. Tra le varie uve tra di loro mischiate, una varietà maturava prima delle altre, pur avendo una fioritura abbastanza tardiva. Per tale caratteristica la denominò “Primaticcia o Primativo” dal latino “primativus”. Il primicerio effettuò un’attenta selezione delle marze della varietà e li impiantò in agro di Gioia del Colle in una zona denominata “Liponti” che fa ancora oggi parte della contrada denominata “Terzi”. L’appezzamento era dell’estensione di otto quartieri che oggi corrispondono a circa 0,15 ettari per un totale di 625 ceppi, che sono la prima monocoltura che si ricordi di vino Primitivo in queste zone. Dal 1820 in poi il vitigno si estese anche all’agro di Acquaviva delle Fonti dove sin da subito si riscontrò una maggiore gradazione alcolica finale. Tale situazione fece diventare il comune di Acquaviva la sede del in cui si fissava il prezzo dell’uva alla vendemmia. Successivamente il vitigno iniziò la sua espansione nei comuni limitrofi interessando Cassano delle Murge, Sammichele di Bari, Noci e Castellana Grotte, arrivando sino al litorale adriatico e espandendosi anche in altre direzioni quali Santeramo in Colle, Altamura e Gravina. Secondo una relazione di inizio secolo scorso di Musci nell’intervallo di tempo compreso tra il 1820 e la fine del secolo XIX il vitigno era coltivato in Puglia nei seguenti comuni: Gioia del Colle, Acquaviva delle Fonti, Santeramo in Colle, Altamura, Gravina, Cassano delle Murge, Sammichele di Bari, Casamassima, Grumo Appula, Toritto, Sannicandro di Bari, Turi, Bitritto, Modugno, Bitonto, Palo del Colle, Adelfia, Rutigliano, Conversano, Castellana Grotte, Putignano, Noci e Alberobello. Elementi determinanti per imprimere le peculiarità di un vino sono il vitigno e l’ambiente, quest’ultimo inteso sia dal punto di vista fisico (clima e terreno) sia sotto l’aspetto antropologico (tradizioni, tecnica, professionalità). Di fondamentale importanza sono quindi i fattori umani presenti nel territorio di produzione che hanno inciso sulle caratteristiche del vino. Il territorio interessato dalla produzione dei vini “Gioia del Colle” presenta un paesaggio agrario caratterizzato da residui boschi di querce che costituiva la copertura naturale del territorio prima della presenza dell’uomo misti a frutticoltura mediterranea, mandorli e ciliegi, alla coltivazione di olivi e ampi appezzamenti destinati alla produzione di foraggio per l'allevamento. Il paesaggio rurale attualmente è caratterizzato da tipici, eleganti e lineari muretti a secco che delimitano e sostengono il terreno agrario lentamente accumulatosi nel tempo e sul quale l’uomo ha impiantato i vigneti che danno i vini interessati dal presente disciplinare. La pietra, in simbiosi con la vite, è parte integrante della Murgia ,e la caratterizza in molteplici aspetti agronomici ed enologici.   L’incidenza dei fattori umani,  nel corso della storia,  è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi,  che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: - base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione,  sono quelli  tradizionalmente coltivati da sempre nell’area geografica considerata:  il Primitivo che rappresenta circa il 60% della superficie vitata del territorio, Montepulciano, Sangiovese, ,Malvasia nera aleatico tra quelli a bacca rossa ed il Trebbiano tra quelli a bacca bianca ;   -le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura: anche questi elementi sono quelli tradizionali  e comunque sono tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare:. In particolare le forme di allevamento prevalentemente utilizzate nella zona sono l’Alberello, la Controspalliera ed il tendone: la prima forma rappresenta il 20%, la seconda il 70% e la terza il 10% del totale.  I sistemi di potatura adottati sono: per l’allevamento ad Alberello la potatura corta (al momento della potatura vengono lasciate 2 speroni con 3-4 gemme per ciascuna delle 2 o 3 branche), per l’allevamento a Controspalliera la potatura mista ( sperone e capo a frutto con circa 8-10 gemme).  La densità di impianto varia da 4.500 ceppi per la spallier



Da “disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata  “gioia del colle” approvato con  DPR 11.05.1987  GU n. 248 - 23.10.1987 Modificato con DM  30.11.2011 pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP “


Analisi del settore vitivinicolo  risvolti economici e lavorativi

All’interno di una complessiva considerazione generale dell’economia agricola è mia intenzione effettuare un’analisi del settore vitivinicolo essendone impiegato da diversi anni e scorgendone contraddizioni rilevanti.
Per  fare ciò è necessaria un’analisi mondiale, europea e regionale per quanto riguarda i rilievi statistici che gioveranno  alla oggettività delle mie considerazioni.
All’interno del report dell’OIV (organizzazione internazionale della vite e del vino) “ Congiuntura viticola mondiale: evoluzione e tendenze “  del 27 aprile 2015 a Parigi vennero analizzati dei dati certi sulla vitivinicoltura mondiale per l’annata 2014 : il totale degli ettari vitati nel mondo era di 7544 milioni con una produzione totale , esclusi succhi e mosti, di 279 milioni di ettolitri di vino.
Per  la scorsa annata 2016, invece la produzione stimata dalla suddetta organizzazione è di 267 milioni di ettolitri. Su questo totale l’Italia è leader della classifica con 48,8 milioni di ettolitri ed effettua il sorpasso sulla Francia che si attesta sui 41,9 milioni di ettolitri, pur rimanendo la produzione francese nella media degli anni 09/16 di 2 milioni superiore alla produzione italiana (46,4 Francia vs 44 Italia). Al terzo posto si posizione la Spagna che si attesta sui 36,4 milioni di ettolitri. Degni di nota sono le produzioni del “nuovo mondo”  vitivinicolo e particolarmente sorprendente risultano gli 11,5 milioni di ettolitri prodotti dalla Cina che supera l’Australia, attestandosi saldamente dietro gli USA (21,5 milioni di ettolitri), fatto straordinario se consideriamo il clima non propriamente vocato alla viticoltura della Cina. In sintesi l’Italia detiene il primato mondiale della produzione del vino con il 19% su scala planetaria e, insieme a Francia 16% e Spagna 15%, rappresentano il 50% della produzione mondiale. Nel panorama economico della vitivinicoltura italiana la Puglia, la nostra regione, ha prodotto nel 2015 (dati ISTAT) 7546 milioni di ettolitri attestandosi saldamente al secondo posto, al di sopra di Sicilia ed Emilia Romagna e dietro il Veneto; la Puglia dunque rappresenta attualmente il 15,5% della produzione nazionale di vino. Ma, oltre le cifre e le quantità produttive, è le rimarcare le peculiarità del prodotto vino nel momento in cui si fanno delle considerazioni di cambio economico rispetto al passato. Il vino un tempo era considerato un alimento tout court: era una delle fonti di sostentamento per i contadini ed aveva delle quotazioni alla stregua di alimenti come grano, latte e cereali. In quest’ultimo ventennio, invece, ha acquistato valore di profitto (da valore d’uso:  soddisfare i bisogni umani a valori di scambio: rapporti di quantitativi che si instaurano tra il bene e il denaro). Mi spiego meglio: Il vino attualmente va ben  oltre il suo valore di alimento, di companatico, il vino al giorno d’oggi è vissuto e raccontato nei minimi dettagli (condizioni pedo-climatiche, regioni, tradizioni, denominazioni, vitigni) fino ad averne creato un prodotto corredato da marketing e sviluppi sull’economia turistica di un territorio. I primi a dare impulso a tale operazione furono senz’altro i francesi che già dal 1855 con la classificazione ufficiale dei vini di Bordeaux, città di riferimento tutt’ora nel mondo del vino, definì i migliori vini di Bordeaux per poterli esportare sul mercato mondiale instituendo i cosidetti CRU (Chateau Lafite, Margaux, Latour, ecc), vini ancora oggi prodotti e venduti a prezzi stratosferici. pubblica affidata ad un organismo privato.
 Tra l’altro la Francia istituì per prima le AOC (appellation di origine controllée) nel 1931 per far fronte a sindacati di viticoltori a cui fu affidato il comitato nazionale di propaganda del vino: una funzione
Per quanto riguarda l’italiana DOC o DOCG, le prime furono istituite nel 1963 e poi altre nel 1966 (il vino nobile di Montepulciano diventa nel 1980 la prima DOCG d’Italia).
 Il sistema della DOC e delle DOCG ha quindi regolamentato le produzioni ed i disciplinari di tutte le zone vitivinicole italiane, ma lascia ancora delle perplessità e dei divari di prezzi per litro a seconda del territorio, quasi sempre a scapito dei vini del sud, pur essendo questa la zona più produttiva (un litro di Brunello sfuso costa 8,5€/l mentre un litro di Trebbiano d’Abruzzo 0,35€/l). In questa opera di regolamentazione e di logica di valore aggiunto sul vino confezionato si muovono ed agiscono le più grandi aziende italiane, attestandosi tra le prime al mondo anche se la top 10 è di matrice USA ed AUSTRALIANA.
Secondo i dati di MEDIOBANCA  nel 2015 la prima azienda italiana del settore è il GIV (GRUPPO ITALIANO VINI) con 558 milioni di fatturato, seguita da CAVIRO (cooperativa romagnola) con 300 milioni e da ANTINORI (storica azienda toscana che ha anche diverse tenute in Puglia), il cui fatturato si aggira sui 209 milioni.
Se gli Antinori ed i Frescobaldi, due famiglie nobili Toscane, detengono il primato sul valore aggiunto del vino, essendo tra l’altro in possesso dei marchi più lussuosi come il Tignanello per Antinori ed il CRU Masseto per i Frescobaldi (400 euroa botg), il GIV si piazza tra le prime anche per valore aggiunto avendo fatto un’operazione do di piccole medie aziende su tutto il territorio nazionale, liberandosi se vogliamo di gestioni più dirette della terra e del lavoro agricolo, cosa sicuramente vantaggiosa ma lasciando ampi spazi di decisione alle cantine locali che reperiscono i lavoratori con i soliti metodi giornalieri e precari
Un altro colosso italiano è una cooperativa, non l’unica in realtà, è si tratta della CAVIRO.
La CAVIRO è una delle più grandi cooperative mondiali e segue tutto il settore enologico , dalla produzione in bric (Tavernello) a quella in bottiglia, dalla distillazione ai mosti concentrati fino ad arrivare all’estrazione dell’ enocianina (colorante) e dell’acido tartarico(coadiuvante enologico).
Essendo una cooperativa naturalmente ha dei vantaggi fiscali ma si comporta esattamente come tutte le aziende private diventando un vero e proprio colosso dell’enologia con un sistema a “matrioska” di cooperative e piccole e medie aziende vitivinicole.
Dal punto di vista degli aiuti europei al settore vinicolo è importante soffermarsi sui finanziamenti europei volti allo sviluppo del MERCATO del vino nei limiti della Comunità e verso i Paesi Terzi.
Nei Trattati di Roma del 1957 infatti fu decisa infatti la cosiddetta PAC (politica agricola comune) volta a creare criteri comuni ed uguale sviluppo di tutte le aree della CEE.
I Due fondi strutturali della PAC sono il FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) ed il FEAOG (Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia). Se quest’ultimo è il fondo che garantisce i pagamenti diretti agli operatori agricoli, il FEASR avrebbe come obiettivo quello di finanziare le innovazioni in agricoltura e nelle zone rurali. All’interno di questi aiuti si inserisce il programma di finanziamenti detto OCM vino, organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli , secondo programmi di finanziamento settennali (l’ultimo è il 2014-2020).
Ai bandi OCM possono accedere tutte le aziende vinicole ottenendo finanziamenti a fondo perduto dal 40% all’80% e nel limite del 20% del fatturato dell’ultimo anno.

 Se da una parte si scorge l’aspetto positivo della possibilità di accedere ai finanziamenti alle piccole cantine da sole o in ATI (associazione temporanea d’impresa) dall’altro i dati 2015 ci parlano di grossi finanziamenti ai grandi gruppi (CIV 5.67 milioni  GIV 3,017 milioni Caviro 743 mila €),
parliamo di 9 milioni di € su 71 totali erogati per le regioni italiane tutte!
 E quindi viene da chiedersi dove si trova la volontà di creare parità di sviluppo delle regioni sfavorite?
Dov’è la promozione del trasferimento di conoscenze ed innovazione se i grandi gruppi accentrano il potere sui mercati ?
E poi ancora dov’ è il favorire l’inclusione sociale , la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali?
Se è sicuro l’utilizzo delle nuove tecnologie, molte aziende stanno andando verso la raccolta meccanica e la prepotatura della vite, è anche certo il sottrarre ad un settore dalle forti radici popolari lavoro e continuità dei mestieri, i potatori son sempre meno e pochi giovani sanno cosa significa il duro lavoro della raccolta.
Per quanto riguarda lo sviluppo rurale poi non è di certo all’ordine del giorno una comunità che si riappropri dei paesaggi e ne curi l’ecologia e la sostenibilità, piuttosto vediamo il fiorire di nuove aziende private che di sicuro guardano all’interno dei propri cancelli figurando spesso come castelli in mezzo ad un mare di incuria pubblica.
E poi l’INCLUSIONE SOCIALE ne è l’aspetto più contradditorio. Ne siamo certi che ad una DOP di un’area vitivinicola segua una DOP dei diritti dei lavoratori agricoli?
Cioè ad un settore che insegue l’innovazione e lo sviluppo sui mercati spesso corrispondono contratti precari di lavoro se non rapporti sommersi o a nero.


La vita di un bracciante spesso comincia alla mattina in una piazza di un paese agricolo, soprattutto al sud, dove aspetta la chiamata ALLA GIORNATA che gli verrà pagata al prezzo di PIAZZA mediamente 45 €. Nei casi migliori quelle giornate che lavorerà gli saranno “segnate” in minima parte in una busta paga fasulla che firmerà a fine mese nella speranza di raggiungere le poco o più di cento giornate per ottenere l’indennità d
Ancora più grave è il caso in cui verrà arruolato da un CAPORALE che lo porterà nei luoghi di lavoro dove dopo le sue ore di lavoro dovrà cedere parte del suo compenso. E’ il caso questo ad esempio delle squadre che si dedicano all’ACININO (uva da tavola) o alla vendemmia sotto i tendoni magari dove è più facile dileguarsi in caso di controlli.
E poi l’aspetto più preoccupante è la competizione trasformata in vera e propria guerra tra poveri tra lavoratori di origine italiane e comunitari dell’est o africani, che rappresentano un vero e proprio arsenale di braccia a poco prezzo per tutte le aziende che vogliono abbattere i costi di produzione aumentando il margine di profitto.
Ecco se proprio deve essere INCLUSIONE SOCIALE l’UE dovrebbe davvero intraprendere politiche dell’allargamento dei diritti sui posti di lavoro e soprattutto nell’agricoltura tutta dove persistono sacche di conservatorismo padronale e di sfruttamento continuo di manodopera non dichiarata .
In conclusione il settore vitivinicolo se da una parte ha una parte fortemente attrattiva dal punto di vista edonistico dall’altra continua ad adoperare lo sfruttamento come consuetudine nel produrre.
Dalla relazione di Roberto Cardilli al convegno meridionale sull’agricoltura del Partito Comunista ad agosto scorso






mercoledì 11 ottobre 2017

Rifiuti: raccolta “porta a porta” brevi considerazioni

1) COSTI:
Contratto Aro BA5-Gioia del Colle e C.N.S.
“Articolo 14 – Corrispettivo del servizio
Giusta offerta economica di gara, il corrispettivo annuale, IVA esclusa, dovuto dal Comune di Gioia del Colle al Gestore del servizio è pari per il primo anno di esercizio del porta a porta, a 3.562.492,17 di cui 38.788,77 per oneri di sicurezza, oltre IVA al 10%; detto primo anno decorre dalla data
di effettivo inizio del servizio come da apposito verbale di consegna, ed i canoni mensili sono così determinati: per le prime tre mensilità decorrenti dalla data di consegna del servizio il canone mensile è pari ad 251.419,81 oneri della sicurezza inclusi, oltre iva al 10%, per le successive mensilità sino al 31/12/2017 il canone mensile è pari ad 296.874,35 oneri della sicurezza inclusi, oltre iva al 10% e per le mensilità di gennaio, febbraio e marzo 2018 il canone mensile è pari ad 342.328,89 oneri della sicurezza inclusi, oltre iva al10%.
Trascorso un anno dalla consegna del servizio e per per gli anni successivi, il canone annuo è pari ad 3.254.110,87 di cui 35.431,09 per oneri di sicurezza, oltre IVA al 10% ( 271.175,91, oneri della sicurezza inclusi, oltre IVA al 10%) potrà subire variazioni sulla base di quanto previsto dall’art. 18 del C.S.A….”.(adeguamenti Istat ndr)
La tassa sui rifiuti TARI del 2017 è stata pari a 4.965.215,19
2) I cestelli devono essere consegnati a casa dei cittadini
ART. 35 - Avvio dei servizi (contratto ARO BA 5)
Contemporaneamente l’I.A. (l’Impresa Appaltatrice ndr)
 dovrà attivare tutte le iniziative per garantire il corretto avvio dei servizi domiciliari ….attivazione della campagna di comunicazione per l’avvio del servizio nel rispetto del cronoprogramma stabilito dall’ARO BA/5; provvedere alle forniture con i materiali indicati in sede di gara; provvedere alla distribuzione completa dei materiali (contenitori) presso le utenze, compreso il materiale informativo; Si precisa in modo tassativo che nulla sarà dovuto all’I.A. per variazioni del numero e del tipo di utenze risultante dall’indagine svolta durante la distribuzione dando per acquisito che l’I.A. ha svolto le necessarie indagini durante la fase di definizione dell’offerta…...Eventuali disservizi della fase di distribuzione e/o gestione dei servizi saranno contestati all’I.A. secondo quanto previsto al precedente art. 23.” e l’amministrazione comunale ha il compito di far rispettare il contratto
 3) Puntare con determinazione al riciclo
“Grazie all’incremento delle quantità di rifiuti avviati al riciclo, si sono evitate emissioni di CO2 equivalenti pari a 1.792.064 tonnellate, un dato in aumento del 32,75%. Le Regioni che nel 2015 hanno già superato la percentuale del 50% di materiali avviati a riciclo sono Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Sardegna e la “new entry” Valle D’Aosta; la Campania, la Toscana e l’Abruzzo sono invece prossime al raggiungimento dell’obiettivo. Dei 3.549 Comuni che hanno raggiunto l’obiettivo del 50% di avvio a riciclo, in 12 hanno ricevuto oggi un riconoscimento come migliori novità del 2015: Scandicci, Saronno, Ostuni, Cava de’ Tirreni, Cuneo, Como, Bergamo, Salerno, Padova e le Città Metropolitane di Milano, Torino e Venezia.” (RIFIUTI - VI RAPPORTO ANCI-CONAI)
4) servono concreti incentivi, molto pratici e diretti
Le masse lavoratrici, le masse popolari hanno tutto da guadagnare da una politica che difende la natura, salvaguarda l’ambiente. Il “porta a porta” se organizzato DEMOCRATICAMENTE (avere il consenso e l’impegno costruttivo dei cittadini) rientra in questa sana politica che tiene pulito il territorio, se invece viene organizzato BUROCRATICAMENTE (dall’alto, senza il coinvolgimento delle organizzazioni sociali a tutti i livelli), crea confusione, sconcerto, disimpegno. L’esperienza dimostra che astratti, moralistici, generici appelli al senso civico, soddisfano le misere esigenze soggettive di chi li proclama. Come in tutte le questioni di carattere sociali, economiche, tutto dipende dall’organizzazione, ovvero la capacità di saper “dirigere” per far osservare le normative, quando si esercita il “comando” diventa tutto molto difficile, e i risultati sono molto inferiori alle attese
4) I Lavoratori che dalla SPES sono passati alla NAVITA non devono perdere un centesimo in questo passaggio: il lavoro è simile e le attività professionali uguali. Le ultime retribuzioni penalizzano economicamente i dipendenti.
6) In considerazione degli atti amministrativi attuati, sono decisamente nebulose le prospettive della SPES.