....LA SOCIALDEMOCRAZIA SPIANA LA STRADA AL FASCISMO
ovvero
come vengono annullate le conquiste sindacali costate lutti e sacrifici alle
masse popolari
di Vito Falcone
I l cretinismo parlamentare gioca brutti scherzi. Molte
volte, nella discussione fra le persone, si dà una grande responsabilità alle
masse popolari per aver mandato al potere l’attuale regime berlusconiano in
Italia. Il voto popolare sarebbe stato determinante per la presa del potere da
parte dei faccendieri della finanza italiana e di Forza Italia. Questo è vero
se confondiamo causa ed effetto, se diamo alle masse un potere e una coscienza
politica che il suffragio universale da a loro solo sul piano astratto, della
formulazione morale. La coscienza concreta del popolo si manifesta attraverso
la sua vita materiale, che è una vita fatta di concorrenza, di soprusi,
sopraffazione, aggressione sociale, in cui il prevalere dell’economicismo
permette che la tassa sull’Ici sposta voti, mentre quella sul ritiro
dall’Afghanistan delle truppe italiane, che farebbe risparmiare molti miliardi
al bilancio statale, viene ascoltato con passività. Ma le masse sono state
sempre passive o sono state guidate verso la passività, le masse sono
agnostiche o sono indirizzate verso questo stato di cose. Il marxismo vieta il
moralismo nell’analisi di classe.
Dal punto di vista del popolo cosa avrebbe dovuto fare il
governo per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori ? Come la sinistra
avrebbe dovuto difenderli dal capitalismo e non lo ha sempre fatto? Come i
comunisti avrebbero dovuto indirizzare le lotte sociali verso una società più
giusta, verso il socialismo? Se gettiamo uno sguardo sugl’ ultimi 50 anni di
lotte operaie forse scopriremmo aspetti del tutto nuovi.
Il capitalismo
buono e quello cattivo
Ai dirigenti comunisti molte cose sono da criticare aspramente
a incominciare da Togliatti «Siamo decisamente contrari ad ogni politica e
ad ogni misura che, consapevolmente o inconsapevolmente, porti ad una soluzione
catastrofica della situazione Italiana, Non siamo orientati verso una soluzione
catastrofica e riteniamo sarebbe delitto essere oggi orientati in questo modo.
Siamo invece orientati verso soluzioni costruttive sia nel campo politico che
nel campo economico. Questa nostra posizione corrisponde al fatto che,
nell’attuale sviluppo della lotta politica in Italia, ci siamo posti e
rimaniamo sul terreno dell’organizzazione di un regime democratico collaborando
con tutte le forze democratiche che vogliono affiancarsi a noi per raggiungere questo
obiettivo. Dal fatto che scartiamo la soluzione catastrofica deriva che, pur
vedendo le enormi difficoltà e contraddizioni del momento, non vogliamo la
bancarotta dello Stato; vogliamo invece che sia fatto un arduo tentativo, con
un’azione che parta dalla base e nello stesso tempo dall’alto, per evitare
questa bancarotta». …«La lotta si impegna non
contro il capitalismo in generale, ma contro forme particolari di rapina, di
speculazione e di corruzione che sono proprie di determinati gruppi capitalistici,
allo scopo di imporre a questi gruppi e a tutta la società italiana un massimo
di solidarietà nazionale »…..«Prima di tutto
desidero dire che la rivendicazione di un piano economico nazionale in questo
momento, soprattutto se posta come condizione per dare un grande sviluppo
all’attività ricostruttiva del Paese, secondo me è utopistica (...) Anche se
fossimo oggi al potere da soli, faremmo appello per la ricostruzione
all’iniziativa privata, perché sappiamo che vi sono compiti a cui sentiamo che
la società italiana non è ancora matura (...) il che vuol dire che dobbiamo lasciare
un campo vasto all’ iniziativa privata tanto nella produzione quanto nella
distribuzione e nello scambio. «Il controllo come venne rivendicato dai
bolscevichi nel 1917 è una cosa ben diversa dal controllo di cui noi parliamo
oggi (...) Oggi non esiste una situazione che corrisponda a questa
rivendicazione, appunto perché siamo in un periodo di lotta per organizzare in
Italia un regime democratico attraverso la collaborazione di diversi partiti e
gruppi sociali (...)Chiediamo un controllo della produzione e degli scambi del tipo di
quello che esisteva ed esiste tuttora in Inghilterra e negli Stati Uniti ». (dal discorso di Togliatti che costituì la base della risoluzione finale,
al convegno economico tenuto a Roma dalla direzione del PCI dal 21 al 23 agosto
1945, a
cura del Centro di studi economici del PCI, pubblicato in opuscolo dalla
società editrice « l’Unità » col titolo « Ricostruire»).Sul terreno dell’organizzazione di
un regime Democratico Togliatti e il Pci hanno indirizzato le
grandiosi lotte nel dopo guerra delle masse per la terra, il lavoro, la pace e
su quel terreno sono rimasti per tutto il periodo della loro esistenza e non
solo in quello del periodo post bellico; le forze democratiche non hanno collaborato
né con il Pci né con Togliatti, non si è voluto
portare La lotta
contro il capitalismo in generale, ma non si è neanche
riusciti a imporre contro
forme particolari di rapina, di speculazione e di corruzione che sono proprie
di determinati gruppi capitalistici, un massimo di solidarietà nazionale e siamo rimasti con un controllo della produzione e degli scambi del tipo di quello che
esiste tuttora in Inghilterra e negli Stati Uniti ». l’aver scartato
nel ‘45 la soluzione catastrofica perché non si
voleva la
bancarotta dello Stato non a evitato che il nostro paese avesse
oggi il maggior debito pubblico dei paesi capitalistici sviluppati e che
secondo i primi dati del Rapporto sulla povertà relativa l’11,1% delle famiglie
sono povere circa 7.542.000 persone, il 12,8% dell’intera popolazione. Certo
Togliatti e coloro che hanno condiviso quelle analisi e quella politica non
avrebbero immaginato che il fascismo sarebbe tornato al governo in Italia e che
i comunisti sarebbero stati estromessi attraverso la varie leggi truffa dal 1990 in poi . Quelle
analisi e valutazioni tatticamente corrette ma strategicamente profondamente
errate furono comunque accompagnati negli anni successivi da grandi lotte
operaie e popolari per migliori condizioni di vita sui posti di lavoro e nella
società in generale, lotte con i comunisti alla testa e contro cui la reazione
democristiana scatenò la polizia prima e la strategia della tensione dopo.
Queste lotte per i diritti hanno avuto il loro apice nel 1975 con l’accordo sul
punto unico di contingenza.. con quelle lotte i lavoratori hanno voluto
affermare il principio che a eguale lavoro deve corrispondere un eguale salario
e che l’effetto dell’aumento del prezzo del pane doveva essere uguale sia per
gli operai che per gli impiegati.
La politica del compromesso
storico
Nel mentre si affermavano anche contrattualmente questi principi di
giustizia sociale c’era chi li incominciava a svendere. Agnelli nelle sue dichiarazioni
affermava che «questo accordo non ha avuto né vinti né vincitori». che «si è
voluto contenere le rivendicazioni selvagge che si fossero aperte dopo l’accordo».
La volontà del sindacato e del padronato era quella di pervenire ad una tregua salariale.
Nei contratti nazionali l’aumento che i lavoratori chiederanno sarà
condizionato da questo accordo. Cioè scatterà un meccanismo che tenendo conto
di tutti gli aspetti della busta paga, porterà un aumento sulla paga base, ma
tale aumento non dovrà causare né benefici né perdite da entrambe le parti. Anche
se in modo contraddittorio, maturava e si affermava in Italia la politica del
compromesso storico e prendeva piede in Europa quella dell’eurocomunismo. Il
gruppo dirigente del Pci andava oltre Togliatti sulla teoria del capitalismo buono
e di quello cattivo facendosi carico della crisi economica che in quegli anni
ancora una volta si presentava con il suo volto crudele verso il popolo
13.o CONGRESSO DEL PCI 1972 Nei documenti mancano quasi totalmente espressioni
come «classi». «lotta di classe», «proletariato», «imperialismo», ecc. Nel
suo rapporto Berlinguer chiarisce l’essenza della sua «proposta di alternativa
di governo», e dice esplicitamente che:«Abbiamo già affermato che il problema
principale, per l’Italia, a differenza di altri paesi capitalistici, non è quello
dell’ulteriore estensione del settore pubblico dell’economa, in Italia... la
mano pubblica ha via via acquisito posizioni decisive….ma il problema principale,
in Italia, è quello di una effettiva direzione pubblica della vita economica
attraverso la programmazione democratica», e per «programmazione democratica».
chiarisce che:«Non si tratta di controllare e dirigere tutto. Largo posto può e
deve avere l’iniziativa privata e, in particolare, quella dell’artigianato e
degli altri ceti medi produttivi». quindi «programmazione democratica»,
affinchè «lo Stato democratico possa manovrare consapevolmente il complesso
degli investimenti pubblici, e controllare quelli dei più grandi gruppi
privati». Berlinguer spiega che:«Una nuova e qualificata espansione produttiva
dovrà basarsi su un avanzamento della ricerca scientifica, e su un progresso impetuoso
della tecnica e della sua applicazione al processo produttivo, industriale e
agricolo », La «programmazione democratica», realizzata lasciando intatto il potere
dei monopoli e del capitale finanziario, è la programmazione dei monopoli e
niente altro. Berlinguer, nel suo rapporto, parla quasi sempre dell’Italia
senza mai specificare che l’Italia è divisa in classi, che i problemi degli sfruttati
sono antagonistici rispetto a quelli degli sfruttatori. L’«alto livello dei
ritmi» di cui, secondo Berlìnguer, ha bisogno l’Italia, sono gli alti ritmi
dello sviluppo capitalista e l’aumento dello sfruttamento delle masse
lavoratrici.
14.o CONGRESSO DEL PCI 1975 Al congresso non si è parlato di crisi di
sovrapproduzione. La crisi economica scaturisce da «errori» dei dirigenti della
DC in materia di politica economica. Basterà «correggere» tali «errori», rinnovare
il «modello di sviluppo», per «uscire» in maniera indolore, senza gravi
lacerazioni e con generale vantaggio, dalla crisi in atto. Una analisi del
tutto errata della crisi, che non sarebbe dunque il prodotto del capitalismo, ma
della particolare linea di sviluppo da esso seguita! Nel suo rapporto al
congresso del PCI Berlinguer ha definito «il confronto e la ricerca delle più
larghe collaborazioni» come «il solo metodo valido» per risolvere i problemi
«Oggi, più che mai, -dice il segretario del Pci- ognuno dovrebbe contribuire a creare
nel paese, tra i cittadini e tra i partiti democratici un clima di distensione
e di solidarietà o almeno di mutua comprensione». Agnelli apprezza, e rilancia
«Problemi economici che non risparmiano nessun paese industrializzato ci
pongono di fronte interrogativi angosciosi di cui non si intravedono che soluzioni
gravi. Spiegare con chiarezza questa situazione complessa non è facile. Bisogna
avere coraggio di dimenticare preconcetti dottrinali, di rivedere in una nuova ottica
schieramenti e collocazioni economiche e politiche, di superare ostilità istituzionalizzate.
Siamo a bordo di una piccola nave mentre si è scatenato un uragano. In una
situazione del genere, solo uno spirito di collaborazione può dare dei
risultati». (Paese Sera» del 30 marzo 1975) Lama non è da meno sulla strada del
compromesso storico e su La
Stampa del 18 gennaio 1976 lamentandosi perché i giovani
«senza esperienza non hanno la capacità di resistere ai sacrifici» propone:« almeno
un lavoro provvisorio, fuori contratto, che dia loro tre, quattro, cinque mila lire
al giorno. Possono essere impiegati in campagna nei servizi sociali e in altre
attività. Ieri mia moglie voleva vedere una mostra a Palazzo Pitti a Firenze:
era chiuso perché.i custodi si trovavano di turno in un’altra ala del palazzo»
e «chi vuole seguire i corsi(di qualificazione n.d.r.) li segua senza compenso.
E poi non mi piacciono le cose a metà: 2 ore di lavoro 2 di studio, chi lavora,
lavori, chi studia, studi. mi domando con angoscia come sarebbe l’Italia tra dieci
anni. Quali cittadini avremo?». Il gruppo dirigente del Pci sostiene la riconversione
industriale richiesta dai padroni (un piano per finanziare con 1400 miliardi i
monopoli a spese dei lavoratori). Barca al dibattito organizzato a Torino dalla
Federazione dei chimici fa il demagogo: «Ci accusano, quando ci vogliamo far carico
del problema della capacita produttiva per abitante, del problema
dell’accumulazione (cioè dei profitti, ndr.), di voler correre in aiuto del
capitale, di voler accettare il sistema fondato sulla libertà dell’impresa. Riteniamo
che ciò non significhi correre in soccorso bensì condizionare questo sistema»!
(«l’Unità» del 25 settembre 1976). Ed Amendola rimprovera ai lavoratori di
«voler difendere l’occupazione fabbrica per fabbrica con scarsa sensibilità per
la produttività dell’impresa» ma che invece «duri sacrifici dovranno essere fatti
dai lavoratori se si vuole che ingenti insorse si spostino dai consumi agli
investimenti». II Corriere della Sera non può fare a meno di concludere dopo aver
riportato le frasi di Amendola: «Sarebbe imperdonabile se si perdesse questa
occasione per una larga intesa tra governo, imprese e sindacati» (26 settembre
1976). I dirigenti del PCI sono impegnati a far passare il piano per la
riconversione industriale come uno strumento che possa risolvere i problemi dei
lavoratori. Arrivano persino a indire una «campagna sui problemi della
riconversione industriale» per rendere partecipe la classe operaia delle scelte
padronali e sempre Amendola. (articolo su rinascita del 9-11-1979) vuole
smantellare i Consigli di fabbrica per ritornare alle vecchie commissioni interne.
Invita a «mettere in discussione» la scala mobile, che sarebbe causa
dell’inflazione vorrebbe autoregolamentare lo sciopero altrimenti lo si farà per
legge; e agli operai che difendono il posto di lavoro dice esplicitamente«non
si può passare dalla meccanizzazione all’automazione sen , si sarebbe ormai
realizzato il «pieno impiego, e anche i disoccupati del Sud, in gran parte
diplomati e laureati, sarebbero soprattutto lavativi con la pretesa di «un
impiego pubblico stabile e con prospettive di carriera e di pensione già in
partenza assicurate».
Lo sbriciolamento della scala mobile
Gli effetti salariali di tale politica si incominciano a manifestare.
Chi ne fa le spese e “l’automatismo” per eccellenza , la scala mobile, lo
strumento di adeguamento parziale del salario al costo della vita: Nel gennaio
del 1977 un accordo interconfederale, poi trasformato in legge dello Stato,
elimina dal calcolo per l’indennità di liquidazione la contingenza che sarebbe
maturata a partire dal febbraio 1977. Nel marzo del 1977 nella determinazione
dell’aumento del costo della vita non si terrà conto degli aumenti delle
tariffe ferroviarie e dei quotidiani con perdita di 1,3 punti. Dal gennaio
1980, infine, la contingenza non verrà più calcolata (per gli impiegati) sugli scatti
di anzianità.
Il 15 febbraio 1978 si riuniscono i tre consigli generali ed approvano
la cosiddetta linea dell’Eur, piattaforma delle politiche sindacali comuni e
basata su occupazione, Mezzogiorno, contenimento delle rivendicazioni ed
attenzione alle compatibilità economiche e sociali.
A giugno dell’82 la
Confindustria e l’Intersind denuncia l’accordo del 1975 sulla
scala mobile.
Il 25 giugno sciopero dei sindacati e imponente manifestazione a Roma
A Ottobre 1982 CGIL-CISL-UIL all’interno della piattaforma per “una
modifica della politica economica del Governo, la difesa dell’ occupazione e la
lotta alle cause strutturali dell’inflazione.” propongono tra
l’altro nelle assemblee dei lavoratori
“7. Per una riforma dei meccanismi di indicizzazione che aumenti gli
spazi della contrattazione sindacale del salario e delle condizioni di lavoro. Questa
proposta di riforma è fondata sulla realizzazione contestuale dei seguenti
obiettivi prioritari:
- la difesa integrale del potere d’acquisto dei salari più bassi
(intorno ai 10-12 milioni di imponibile 1982) dei lavoratori dipendenti e dei
pensionati da conseguire sia attraverso i miglioramenti contrattuali del
salario sia attraverso la riforma ….
- il riequilibrio e il miglioramento dei redditi familiari (con
l’aumento differenziato
degli assegni familiari e le detrazioni per il coniuge a carico)….
7.2 Revisione dell’indice di riferimento della scala mobile e del
paniere dei beni tutelati; adottando l’indice ISTAT, in sostituzione dell’attuale indice sindacale in
modo da conseguire
un certo rallentamento della
dinamica della scala mobile, entro un massimo del 10 per cento rispetto all’attuale
indice sindacale…
I delegati e i lavoratori pur apprezzando alcuni punti della
piattaforma come quelli riguardanti la riforma strutturale dell’IRPEF, il
riequilibrio del prelievo fiscale e quello riguardante i redditi familiari.sono
indignati per il cedimento sulla scala mobile e la costituzione del fondo di
solidarietà e si organizzano e si organizzano contro la piattaforma sindacale,
si muovono i consigli di fabbrica. L’ Alfa Romeo propone una piattaforma di
lotta a tutto il movimento.
II CdF dell’Alfa Romeo riunito il
29 ottobre 1982 per valutare le proposte contenute nel documento CGIL-CISL-UIL
su occupazione, rinnovo dei contratti e riforma del costo del lavoro, esprime
un giudizio politico negativo sul documento e respinge la filosofia che ha
portato a considerare il costo del lavoro come problema centrale della crisi,
paralizzando l’azione del sindacato. Di questo ha approfittato il padronato per
scatenare un’offensiva senza precedenti contro i lavoratori. Il CdF esprime
grave preoccupatone per il deterioramento della situazione economica e sociale
del paese.
Lo sconvolgimento dei rapporti di
cambio fra le monete dovuto al ruolo del dollaro, il tasso d’inflazione oltre
il 17 %, la cassa integrazione dilagante, la disoccupazione crescente impongono
scelte di politica economica rigorose. Il CdF ritiene che la politica economica
e industriale che è prevalsa nell’attuale governo, basata sugli alti tassi di
interesse, sulla restrizione del credito, sull’aumento delle tariffe pubbliche,
vada radicalmente mutata nel senso di una linea di sviluppo e alternativa a quella
recessiva. Per questo è indispensabile che la CGIL-CISL-UIL nazionale
assuma un atteggiamento conseguente nei confronti delle proposte governative. Obiettivi
da porre al centro dell’ azione del sindacato:
1) Difesa e allargamento dell’
occupazione.
L’occupazione deve essere
l’obiettivo primario del sindacato. L’attacco del padronato e del governo all’occupazione
va respinto modificando la linea economica del governo, affermando una linea di
sviluppo e di investimenti e conquistando i contratti di lavoro che contengano
la riduzione dell’ orario di lavoro. Lo Stato deve finalizzare le notevoli
risorse pubbliche (fiscalizzazione, crediti agevolati, fondi Cassa integrazione
guadagni), al mantenimento e all’allargamento dell’occupazione attraverso una selettiva
politica di piani di settore, privilegiando interventi strutturali e
programmati. In questo contesto va radicalmente mutato l’indirizzo della Legge
finanziaria, che prevede la crescita zero per il 1983. Inoltre, ribadiamo che
lo stralcio della Legge 1602, inerente la CIG straordinaria a termine, deve essere
respinto, esso coglie un solo aspetto della proposta complessiva della Federazione
unitaria Sul mercato del lavoro che, se così accolta dal parlamento, stravolge l’insieme
delle proposte e finisce per trasformare queste sospensioni in licenziamenti.
2) Salario e contingenza. Il salario e,
all’interno di esso la contingenza, è solo una parte del costo del lavoro. Va
respinta la posizione di quanti addebitano al costo del lavoro, e quindi al
salario e all’indicizzazione, la causa dell’inflazione trascurando
premeditatamente le altre cause. La contingenza, pertanto, essendo marginale
sulla dinamica del livello dell’inflazione, va riconfermata come uno degli
strumenti di difesa del potere d’ acquisto dei salari, degli stipendi e delle
pensioni. Il punto unico, la trimestralità della maturazione, l’indice di
riferimento, il grado di copertura, non possono essere in discussione in un
momento di grave attacco al potere d’acquistoai problemi occupazionali è necessario
che il confronto in atto con il governo sui problemi fiscali si trasformi in
una vertenza che realizzi i seguenti risultati: lotta alle evasioni fiscali e
politica delle entrate attraverso l’istituzione di imposte sui patrimoni, a
partire dalla seconda casa, sui capitali finanziari, sui consumi di lusso e
colpendo l’area delle evasioni fiscali attraverso l’introduzione dei registratori
di cassa.
a-) modifica delle aliquote e degli
scaglioni per realizzare un alleggerimento fiscale sulla busta paga, e recupero
totale del fiscal drag in modo strutturale attraverso l’adeguamento automatico degli
scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni in rapporto all’inflazione;
b-) realizzazione del valore della
contingenza al netto uguale per tutti i lavoratori;
e-) migliore tutela del reddito
familiare con particolare tutela della famiglia monoreddito;
d-) riforma della fiscalizzazione
degli oneri sociali;
e-) il confronto con il governo
deve ottenere, inoltre, il blocco della tendenza al rialzo dei prezzi controllati,
delle tariffe pubbliche, salvaguardando le fasce sociali esistenti e della
tassazione indiretta attraverso l’IVA, quale parte integrante della strategia
di difesa del salario reale.
4) La contrattazione. E’
indispensabile un rilancio dell’iniziativa sindacale, nell’ambito della
salvaguardia dell’autonomia delle singole categorie, sui temi contrattuali che
vanno rilanciati con la lotta dei lavoratori, intrecciati con la lotta più
generale, contrastando le linee di rivincita del padronato. Il padronato utilizza
la crisi economica per mettere in crisi le relazioni industriali a tutti i
livelli. Gli obiettivi principali sono: ridimensionare il potere del sindacato
nei processi di ristrutturazione, limitare la contrattazione, rompere l’unità
dei lavoratori, con lo scopo di non rinnovare i contratti e piegare il
sindacato del rinnovamento. In questo contesto riteniamo che la trattativa sui
contratti proceda speditamente rispetto agli altri tavoli di trattative. Il CdF
ritiene che vada aperto un dibattito di massa fra i lavoratori per valutare attentamente
le proposte fatte e per dare un giudizio conseguente. Occorre che tutti siano coscienti
del livello di scontro in atto nel paese, per essere in grado di esprimere un
rapporto di forza capace di battere anche minacce di interventi legislativi sul
costo del lavoro. Il CdF ritiene che debba esserci un rapporto stretto fra
conduzione delle trattative e dibattito e mobilitazione dei lavoratori,
prevedendo anche forme di partecipazione alle trattative. Il CdF convoca, come
da decisione già assunta, le assemblee di reparto a partire da mercoledì nelle quali
tutti i lavoratori si esprimeranno con voto palese. Il CdF decide di convocare una
conferenza stampa a conclusione delle assemblee per rendere noti i risultati
delle stesse.
Il Consiglio di fabbrica ALFA ROMEO
Milano, 2 novembre ‘82
Questa posizione viene fatta propria da molti altri consigli di
fabbrica specie del nord.
Nonostante lotte grandiose il 22 gennaio del 1983 i vertici sindacali
firmano un accordo di concertazione fra Governo, Confindustria e sindacati, il
famigerato Protocollo
Scotti. L’accordo modifica il valore del punto di contingenza,
diminuendone del 15% il grado di copertura. Il padronato ottiene:
-revisione delle basi per il calcolo dell’indicizzazione del costo
della vita e fissazione di un tetto massimo di aumenti salariali,
-introduzione di procedure di assunzione più flessibili, riduzione
dell’ orario di lavoro, maggiore utilizzo del tempo parziale),
-introduzione di misure per ridurre i conflitti a livello locale: gli
accordi presi a livello nazionale non devono essere ridiscussi a livello
d’impresa. Si incomincia a istituzionalizzare la politica dei redditi e la
flessibilizzazione del mercato del lavoro. Ma l’attacco alla scala mobile ormai
non si ferma più il Governo Craxi impone una ulteriore riduzione di incidenza
della scala mobile, contratti di solidarietà e di formazione lavoro. Cisl e Uil
e la componente socialista della Cgil non sono contrari. Ma la componente del
Pci della Cgil non è d’accordo anche per volontà di un Berlinguer parzialmente ravveduto
su alcuni suoi tragici analisi del passato Il 14 febbraio il governo
“socialista” tagli
i salari per decreto Con il Decreto Legge del 14/2/1984 e la
successiva legge del 12 Giugno 1894 n° 219 si stabilisce che: per i primi sei
mesi dell’anno 1984 i punti di variazione dell’indennità di contingenza febbraio
e non più di 2 a
quella del 1° maggio. Ciò ha comportato il mancato pagamento nella busta paga
di 2 punti nel mese di febbraio e 2 punti nel mese di maggio. Il decreto
tagliava così 4 punti di scala mobile. La reazione della classe operaia è immediate
e di grande valore politico 350 CdF si riuniscono a Milano. I Consigli di
Fabbrica della Siemens Eletta, Breda Termomeccanica, Philips sede, Caproni V.,
Agusta di Varese, Cantieri Breda Veneto, Isotta Fraschini, Autoconvocati di
Milano del 23 Febbraio, GTE, Same Trattori, Compagnia Generale Trattori Milano -
Carugate, si riconoscono nel documento approvato dall’assemblea autoconvocata
presso la Sala
della Provincia di Milano il 23.2.84 e si impegnano a dare un contributo anche
organizzativo per la buona riuscita dell’assemblea autoconvocata nazionale del 6.3.84
al Palalido di Milano. Tale riunione sulla base delle indicazioni emerse nelle
assemblee regionali o territoriali autoconvocate sarà chiamata ad assumere le
seguenti indicazioni di lotta:
1) apertura di una consultazione di massa fra
tutti i lavoratori sul merito dei contenuti del decreto, anche con l’uso dello
strumento del referendum previsto nello statuto dei lavoratori; per una espressione
chiara della volontà dei lavoratori che mostrino 1’infondatezza delle accuse secondo
cui le grandi mobilitazioni di questi giorni sarebbero state i: frutto di
pressioni di questa o quella forza politica anziché l’espressione più genuina
dell’unità dei lavoratori guidata dai CdF.
2) Una giornata di lotta nazionale con
sciopero generale per il ritiro del decreto autoritario del governo.
3) Manifestazione nazionale a Roma in concomitanza
con lo sviluppo del dibattito alle Camere sul decreto.
4) Un rilancio delle contrattazioni
attraverso:
- sostegno alle piattaforme aziendali e territoriali da aprire in tutti
i luoghi di lavoro per la difesa del salario e il recupero dei punti di
contingenza persi, dell’occupazione, dell’ambiente di lavoro, contro l’aumento
dei ritmi e dei carichi di lavoro, riconfermando anche per questa via il
rapporto unitario dei lavoratori ed il rilancio dei Consigli. Tutto ciò in
coerenza con la difesa dell’occupazione, del salario, delle tensioni e dei
servizi sociali attraverso una nuova politica economica che colpisca gli
evasori, i profitti e le rendite parassitane. Questi obiettivi sono possibili
solo se riusciremo a riappropriarci del sindacato ed imporre dal basso un
rilancio dell’unità, dell’autonomia e della democrazia sindacale per affermare
la natura di classe del sindacato. In preparazione della Assemblea Nazionale il
giorno venerdì 27/3/84 si svolgerà a Bologna una riunione di coordinamento
delle realtà territoriali e regionali. Approvata all’unanimità dall’Assemblea
di 350 CdF di Milano con la presenza ed il contributo delle delegazioni delle
assemblee autoconvocate di: Roma, Firenze, Bologna, Verona. Bari, Trento,
Casetta, Venezia, Fiat Termini Imerese, Coord. CdF Piemontese, Coord. CdF
Campano, Coord. Cassa Integrati Torino. Milano, 23 febbraio 1984
Documento
conclusivo dell’Assemblea nazionale dei Consigli dei delegati tenuta a Torino
il 10 aprile 1984
L’assemblea nazionale dei Consigli e dei delegati CGIL-CISL-UIL, autoconvocata
a Torino il 10/4/84 al Palasport Le Cupole approva la relazione svolta
unitariamente dal compagno Fabio Carletti. Questa assemblea esprime un giudizio
fortemente positivo del movimento dei Consigli e dei delegati che hanno saputo
guidare le lotte e la mobilitazione dei lavoratori con riuscita senza
precedenti, sia degli scioperi che delle manifestazioni svoltesi in tutte le
città d’Italia, dal Nord al Sud, e di rappresentare le aspirazioni della
stragrande maggioranza dei lavoratori. avvenimento di levatura storica per la democrazia nel
paese e nel sindacato, non solo per il numero imponente dei partecipanti, ma
per la volontà di lotta, la vivacità, la pluralità enorme delle idee e delle forze
presenti.
Questo è stato possibile da una
parte grazie al contributo del movimento dei Consigli che a Roma anche con
interventi numerosi dal palco ha portato una carica di combattività, di unità e
di richiesta di nuove forme di partecipazione e democrazia che hanno mobilitato
tante forze nuove e altre da tempo rassegnate.
Dall’altra parte, è stata
determinante la presenza politica e organizzativa della CGIL, al Sud come al Nord,
per modificare i rapporti di potere e di classe nel paese.
I lavoratori, in questi momenti di
lotta, nonché nelle consultazioni realizzate attraverso assemblee, referendum e
petizioni, hanno chiesto che il decreto venga battuto, per ripristinare la
libertà di contrattazione e il ristabilimento di regole demo-cratiche nel
paese, il cambiamento della politica economica e sociale per una vera lotta
all’evasione fiscale così com’è indicato dalla piattaforma unitaria di
CGIL-CISL-UIL il recupero del drenaggio fiscale anche.per l’anno in corso.
– La tassazione dei Bot e dei CCT;
- L’istituzione dell’imposta patrimoniale
sulle grandi ricchezze;
- La parità delle Deduzioni dall’imponibile,
delle spese sociali, ai lavoratori dipendenti così come a quelli autonomi. Pertanto
i Consigli, i loro coordinamenti e questa assemblea nazionale come quella
precedente a Milano, sono portatori di questo mandato.
Non siamo pregiudizialmente
contrari all’apertura della discussione nel sindacato sul tema della riforma del
salario, ma affermiamo che solo dopo il ripristino della situazione precedente al
decreto, è possibile aprire questa discussione tra i lavoratori,
nella quale ogni proposta sarà
legittima e resa valida solo attraverso la consultazione vincolante partendo
però dal presupposto della difesa del potere d’acquisto del salario. Ribadiamo
il nostro netto rifiuto al tentativo di usare ipotesi di riforma del salario
per rilanciare una trattativa centralizzata sul costo del lavoro e scala
mobile. La dimensione di questo movimento e delle sue lotte, è di tale vastità
che si incominciavano a verificare crepe nella stessa compagine governativa. Le
dichiarazioni di irrefrenabile nervosismo del Presidente del Consiglio Craxi,
contrastano con le stesse giuste affermazioni del Presidente Pertini che
valorizza il movimento lotta dei lavoratori, e dei loro rappresentanti, come
determinante e insostituibile baluardo per la difesa della democrazia.’
Da questa consapevolezza traiamo la
volontà di continuare le lotte respingendo qualsiasi ricorso a misure
procedurali atte a stravolgere il normale dibattito parlamentare. Di fronte a
questa possibilità, la assemblea invita tutti i Consigli e coordinamenti a
preparare fermate di sciopero immediate. Sulla base di una larga convergenza
maturata nella discussione dei coordinamenti territoriali e regionali, si conviene
sulla necessità di promuovere scioperi territoriali o regionali, a partire dal
17 aprile come prima risposta alla ripresentazione del decreto con analoghi o
stessi contenuti. Di fronte all’ulteriore acutizzazione dello scontro dovuta
all’intransigenza del Governo, sarà necessario promuovere una giornata
nazionale di lotta. Parallelamente occorrerà valutare, insieme alle organizzazione
sindacali disponibili, le forme che assumeranno le mobilitazioni, compresa
quella dello sciopero generale.
L’assemblea nazionale invita i
Consigli a mantenere costante il rapporto con i lavoratori, attraverso assemblee
generali e di gruppi omogenei, per una continua verifica e legittimazione dei
delegati e dei Consigli. Riconosce nei contenuti della relazione una base di discussione
per avviare la ripresa della contrattazione articolata da concretizzarsi da
subito nelle vertenze aziendali, di gruppi industriali e di territorio. Inoltre,
dopo le discussioni locali da avviare nelle prossime settimane, l’assemblea
decide che i convegni sull’occupazione si svolgano a Torino 1’ 11 maggio e a Napoli entro
maggio, con al centro i problemi dello sviluppo al Sud.
Si da mandato ai coordinamenti di
Torino e Napoli di lavorare in questa direzione coinvolgendo, insieme a
CGlL-CISL-UIL, soggetti sociali interessati, quali lavoratori occupati, in
cassa integrazione, disoccupati, giovani e donne. E’ indispensabile l’adesione
e la partecipazione dei delegati dei Consigli, dei coordinamenti dei
disoccupati, dei comitati per il lavoro, delle organizzazioni giovanili, degli
studenti e dei coordinamenti intercategoriali delle donne.
Chiediamo a CGIL, CISL e UIL di
assumere queste iniziative, 1 fine di costruire una piattaforma rivendicativa
che sappia unificare le forze del lavoro e il fronte di lotta. L’assemblea
nazionale dei delegati ritiene opportuno sviluppare tutte le iniziative
necessarie per far assumere un valore politico centrale alla Carta della
democrazia di Brescia, approvata al Palalido, a questo proposito, dopo le
discussioni nei Consigli di azienda del giorno 6 aprile sulla Carta di Brescia,
consideriamo opportuno promuovendo iniziative di confronto pubblico con le forze
sindacali, politiche, sociali e intellettuali. Essendo questo documento
conclusivo frutto della discussione unitaria delle delegazioni, delle proprie realtà
e delle diverse situazioni che hanno portato i propri orientamenti, proponiamo l’approvazione
per acclamazione.
Il 24 marzo 1984 viene organizzata una manifestazione imponente a
Piazza San Giovanni.ma Lama non parla ai manifestanti ma ai suoi interlocutori cisl
uil Del Turco Confindustria. Nel pci con la morte di Berlinguer prevale l’ala
più destrorsa e la
Confindustra continua ad avere via libera
Nel 1985, anno dei giovani si lavora ad una «deregolamentazione del
lavoro sotto i 25 anni». Si fanno più insistenti gli interventi dell’avv.
Agnelli contro «l’indistruttibilità e intangibilità dei posti di lavoro» il
Ministro Goria pensa all’introduzione, nei contratti di assunzione dei giovani,
di una sorta di «salario d’ingresso». Che avviene attraverso l’Accordo interconfederale
8-5-86 che introduce aperture sulla possibilità per le aziende di ricorrere più
di prima a forme di lavoro precario (tempo determinato, contratti formazione) e
che modifica ulteriormente la scala mobile nelle parti relative alla
composizione del paniere. Nel 1990 la Confindustria disdice l’ultimo accordo sulla
scala mobile, e nel 1992 un presidente del consiglio “socialista” Amato il capo
della Cgil Trentin (con il codazzo soddisfatto degli altri confederali)
eliminano quel poco che era rimasto della scala mobile. Le correnti “moderne”
del pci e del sindacato facevano tornare il salario nella contrattazione voluta
dai monopoli.
Brevi considerazioni
La teoria della collaborazione delle classi, spiegava Lenin, è una
teoria putrida e reazionaria, che mira a far perdere al proletariato la
coscienza del proprio antagonismo con la borghesia sfruttatrice. Può la classe
operaia collaborare con i capitalisti che la opprimono e vogliono far pagare ai
lavoratori la loro crisi, con il carovita e la disoccupazione? Accettare la
prospettiva dì un avvenire incerto e di miseria per le proprie famiglie in nome
di un astratto «interesse generale», che è in realtà l’interesse ristretto dei
monopoli? Può l’impiccato collaborare con il boia a lasciarsi infilare il nodo
scorsoio al collo? Consapevole di avere interlocutori “moderni” il padronato ha
imposto la politica dei redditi con l’accordo del 93, ha smantellato le
aziende statali privatizzandole; ha portato all’estero molti siti produttivi impoverendo
considerevolmente il sistema produttivo nel nostro paese: ha esternalizzato
molti posti di lavoro creando condizioni di ricatto sia sul salario che sulla
sicurezza; ha sviluppato la politica dei servizi servendosi delle leggi che
hanno istituzionalizzato il precariato, hanno reso molto deboli i lavoratori
sui posti di lavoro anche a spese della loro dignità; hanno propagandato che
privato è bello favorendo sviluppando l’aggressività sociale; hanno osannato il
sogno di “emergere oltre il possibile” qualora c’è la possibilità della
concorrenza. In questo clima prevale l’individualismo, il localismo, l’indifferenza
, la paura, si cerca una via d’uscita verso una strada che non si vede, un
clima adatto per il populismo, il berlusconismo, il neofascismo. Viene
confermato il principio marxista secondo cui la socialdemocrazia spiana la
strada al fascismo. Quanto lavoro c’è oggi da fare per ricostruire un percorso
di classe, unitario, comunista verso un socialismo che la crisi finanziaria ed
economica ci dice di non essere una mera prospettiva, ma una esigenza dell’oggi
sia nazionale che mondiale, Bisogna ripartire da Gramsci bandendo l’empirismo o
non concluderemo niente come è successo dal 91 ad oggi dopo una nascita carica di
aspettative di trasformazione come era stata salutata la costituzione di
Rifondazione Comunista. Gramsci ci insegnava a difender ciò che il padrone combatte,
e oggi la scala mobile dei salari è lo strumento che più viene odiato dal
capitale. Dobbiamo riconquistarlo.
N:B:La documentazione e la
ricerca è tratta da nuova unità (organo del pcdi ml) e da siti informatici.
Pubblicato sulla rivista
GRAMSCI nel 1992
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