venerdì 27 febbraio 2015

ricostruire il partito comunista in quanto.....



....LA SOCIALDEMOCRAZIA SPIANA LA STRADA AL FASCISMO
ovvero come vengono annullate le conquiste sindacali costate lutti e sacrifici alle masse popolari
di Vito Falcone
I l cretinismo parlamentare gioca brutti scherzi. Molte volte, nella discussione fra le persone, si dà una grande responsabilità alle masse popolari per aver mandato al potere l’attuale regime berlusconiano in Italia. Il voto popolare sarebbe stato determinante per la presa del potere da parte dei faccendieri della finanza italiana e di Forza Italia. Questo è vero se confondiamo causa ed effetto, se diamo alle masse un potere e una coscienza politica che il suffragio universale da a loro solo sul piano astratto, della formulazione morale. La coscienza concreta del popolo si manifesta attraverso la sua vita materiale, che è una vita fatta di concorrenza, di soprusi, sopraffazione, aggressione sociale, in cui il prevalere dell’economicismo permette che la tassa sull’Ici sposta voti, mentre quella sul ritiro dall’Afghanistan delle truppe italiane, che farebbe risparmiare molti miliardi al bilancio statale, viene ascoltato con passività. Ma le masse sono state sempre passive o sono state guidate verso la passività, le masse sono agnostiche o sono indirizzate verso questo stato di cose. Il marxismo vieta il moralismo nell’analisi di classe.
Dal punto di vista del popolo cosa avrebbe dovuto fare il governo per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori ? Come la sinistra avrebbe dovuto difenderli dal capitalismo e non lo ha sempre fatto? Come i comunisti avrebbero dovuto indirizzare le lotte sociali verso una società più giusta, verso il socialismo? Se gettiamo uno sguardo sugl’ ultimi 50 anni di lotte operaie forse scopriremmo aspetti del tutto nuovi.
Il capitalismo buono e quello cattivo
Ai dirigenti comunisti molte cose sono da criticare aspramente a incominciare da Togliatti «Siamo decisamente contrari ad ogni politica e ad ogni misura che, consapevolmente o inconsapevolmente, porti ad una soluzione catastrofica della situazione Italiana, Non siamo orientati verso una soluzione catastrofica e riteniamo sarebbe delitto essere oggi orientati in questo modo. Siamo invece orientati verso soluzioni costruttive sia nel campo politico che nel campo economico. Questa nostra posizione corrisponde al fatto che, nell’attuale sviluppo della lotta politica in Italia, ci siamo posti e rimaniamo sul terreno dell’organizzazione di un regime democratico collaborando con tutte le forze democratiche che vogliono affiancarsi a noi per raggiungere questo obiettivo. Dal fatto che scartiamo la soluzione catastrofica deriva che, pur vedendo le enormi difficoltà e contraddizioni del momento, non vogliamo la bancarotta dello Stato; vogliamo invece che sia fatto un arduo tentativo, con un’azione che parta dalla base e nello stesso tempo dall’alto, per evitare questa bancarotta». …«La lotta si impegna non contro il capitalismo in generale, ma contro forme particolari di rapina, di speculazione e di corruzione che sono proprie di determinati gruppi capitalistici, allo scopo di imporre a questi gruppi e a tutta la società italiana un massimo di solidarietà nazionale »…..«Prima di tutto desidero dire che la rivendicazione di un piano economico nazionale in questo momento, soprattutto se posta come condizione per dare un grande sviluppo all’attività ricostruttiva del Paese, secondo me è utopistica (...) Anche se fossimo oggi al potere da soli, faremmo appello per la ricostruzione all’iniziativa privata, perché sappiamo che vi sono compiti a cui sentiamo che la società italiana non è ancora matura (...) il che vuol dire che dobbiamo lasciare un campo vasto all’ iniziativa privata tanto nella produzione quanto nella distribuzione e nello scambio. «Il controllo come venne rivendicato dai bolscevichi nel 1917 è una cosa ben diversa dal controllo di cui noi parliamo oggi (...) Oggi non esiste una situazione che corrisponda a questa rivendicazione, appunto perché siamo in un periodo di lotta per organizzare in Italia un regime democratico attraverso la collaborazione di diversi partiti e gruppi sociali (...)Chiediamo un controllo della produzione e degli scambi del tipo di quello che esisteva ed esiste tuttora in Inghilterra e negli Stati Uniti ». (dal discorso di Togliatti che costituì la base della risoluzione finale, al convegno economico tenuto a Roma dalla direzione del PCI dal 21 al 23 agosto 1945, a cura del Centro di studi economici del PCI, pubblicato in opuscolo dalla società editrice « l’Unità » col titolo « Ricostruire»).Sul terreno dell’organizzazione di un regime Democratico Togliatti e il Pci hanno indirizzato le grandiosi lotte nel dopo guerra delle masse per la terra, il lavoro, la pace e su quel terreno sono rimasti per tutto il periodo della loro esistenza e non solo in quello del periodo post bellico; le forze democratiche non hanno collaborato né con il Pci né con Togliatti, non si è voluto portare La lotta contro il capitalismo in generale, ma non si è neanche riusciti a imporre contro forme particolari di rapina, di speculazione e di corruzione che sono proprie di determinati gruppi capitalistici, un massimo di solidarietà nazionale e siamo rimasti con un controllo della produzione e degli scambi del tipo di quello che esiste tuttora in Inghilterra e negli Stati Uniti ». l’aver scartato nel ‘45 la soluzione catastrofica perché non si voleva la bancarotta dello Stato non a evitato che il nostro paese avesse oggi il maggior debito pubblico dei paesi capitalistici sviluppati e che secondo i primi dati del Rapporto sulla povertà relativa l’11,1% delle famiglie sono povere circa 7.542.000 persone, il 12,8% dell’intera popolazione. Certo Togliatti e coloro che hanno condiviso quelle analisi e quella politica non avrebbero immaginato che il fascismo sarebbe tornato al governo in Italia e che i comunisti sarebbero stati estromessi attraverso la varie leggi truffa dal 1990 in poi . Quelle analisi e valutazioni tatticamente corrette ma strategicamente profondamente errate furono comunque accompagnati negli anni successivi da grandi lotte operaie e popolari per migliori condizioni di vita sui posti di lavoro e nella società in generale, lotte con i comunisti alla testa e contro cui la reazione democristiana scatenò la polizia prima e la strategia della tensione dopo. Queste lotte per i diritti hanno avuto il loro apice nel 1975 con l’accordo sul punto unico di contingenza.. con quelle lotte i lavoratori hanno voluto affermare il principio che a eguale lavoro deve corrispondere un eguale salario e che l’effetto dell’aumento del prezzo del pane doveva essere uguale sia per gli operai che per gli impiegati.
La politica del compromesso storico
Nel mentre si affermavano anche contrattualmente questi principi di giustizia sociale c’era chi li incominciava a svendere. Agnelli nelle sue dichiarazioni affermava che «questo accordo non ha avuto né vinti né vincitori». che «si è voluto contenere le rivendicazioni selvagge che si fossero aperte dopo l’accordo». La volontà del sindacato e del padronato era quella di pervenire ad una tregua salariale. Nei contratti nazionali l’aumento che i lavoratori chiederanno sarà condizionato da questo accordo. Cioè scatterà un meccanismo che tenendo conto di tutti gli aspetti della busta paga, porterà un aumento sulla paga base, ma tale aumento non dovrà causare né benefici né perdite da entrambe le parti. Anche se in modo contraddittorio, maturava e si affermava in Italia la politica del compromesso storico e prendeva piede in Europa quella dell’eurocomunismo. Il gruppo dirigente del Pci andava oltre Togliatti sulla teoria del capitalismo buono e di quello cattivo facendosi carico della crisi economica che in quegli anni ancora una volta si presentava con il suo volto crudele verso il popolo
13.o CONGRESSO DEL PCI 1972 Nei documenti mancano quasi totalmente espressioni come «classi». «lotta di classe», «proletariato», «imperialismo», ecc. Nel suo rapporto Berlinguer chiarisce l’essenza della sua «proposta di alternativa di governo», e dice esplicitamente che:«Abbiamo già affermato che il problema principale, per l’Italia, a differenza di altri paesi capitalistici, non è quello dell’ulteriore estensione del settore pubblico dell’economa, in Italia... la mano pubblica ha via via acquisito posizioni decisive….ma il problema principale, in Italia, è quello di una effettiva direzione pubblica della vita economica attraverso la programmazione democratica», e per «programmazione democratica». chiarisce che:«Non si tratta di controllare e dirigere tutto. Largo posto può e deve avere l’iniziativa privata e, in particolare, quella dell’artigianato e degli altri ceti medi produttivi». quindi «programmazione democratica», affinchè «lo Stato democratico possa manovrare consapevolmente il complesso degli investimenti pubblici, e controllare quelli dei più grandi gruppi privati». Berlinguer spiega che:«Una nuova e qualificata espansione produttiva dovrà basarsi su un avanzamento della ricerca scientifica, e su un progresso impetuoso della tecnica e della sua applicazione al processo produttivo, industriale e agricolo », La «programmazione democratica», realizzata lasciando intatto il potere dei monopoli e del capitale finanziario, è la programmazione dei monopoli e niente altro. Berlinguer, nel suo rapporto, parla quasi sempre dell’Italia senza mai specificare che l’Italia è divisa in classi, che i problemi degli sfruttati sono antagonistici rispetto a quelli degli sfruttatori. L’«alto livello dei ritmi» di cui, secondo Berlìnguer, ha bisogno l’Italia, sono gli alti ritmi dello sviluppo capitalista e l’aumento dello sfruttamento delle masse lavoratrici.
14.o CONGRESSO DEL PCI 1975 Al congresso non si è parlato di crisi di sovrapproduzione. La crisi economica scaturisce da «errori» dei dirigenti della DC in materia di politica economica. Basterà «correggere» tali «errori», rinnovare il «modello di sviluppo», per «uscire» in maniera indolore, senza gravi lacerazioni e con generale vantaggio, dalla crisi in atto. Una analisi del tutto errata della crisi, che non sarebbe dunque il prodotto del capitalismo, ma della particolare linea di sviluppo da esso seguita! Nel suo rapporto al congresso del PCI Berlinguer ha definito «il confronto e la ricerca delle più larghe collaborazioni» come «il solo metodo valido» per risolvere i problemi «Oggi, più che mai, -dice il segretario del Pci- ognuno dovrebbe contribuire a creare nel paese, tra i cittadini e tra i partiti democratici un clima di distensione e di solidarietà o almeno di mutua comprensione». Agnelli apprezza, e rilancia «Problemi economici che non risparmiano nessun paese industrializzato ci pongono di fronte interrogativi angosciosi di cui non si intravedono che soluzioni gravi. Spiegare con chiarezza questa situazione complessa non è facile. Bisogna avere coraggio di dimenticare preconcetti dottrinali, di rivedere in una nuova ottica schieramenti e collocazioni economiche e politiche, di superare ostilità istituzionalizzate. Siamo a bordo di una piccola nave mentre si è scatenato un uragano. In una situazione del genere, solo uno spirito di collaborazione può dare dei risultati». (Paese Sera» del 30 marzo 1975) Lama non è da meno sulla strada del compromesso storico e su La Stampa del 18 gennaio 1976 lamentandosi perché i giovani «senza esperienza non hanno la capacità di resistere ai sacrifici» propone:« almeno un lavoro provvisorio, fuori contratto, che dia loro tre, quattro, cinque mila lire al giorno. Possono essere impiegati in campagna nei servizi sociali e in altre attività. Ieri mia moglie voleva vedere una mostra a Palazzo Pitti a Firenze: era chiuso perché.i custodi si trovavano di turno in un’altra ala del palazzo» e «chi vuole seguire i corsi(di qualificazione n.d.r.) li segua senza compenso. E poi non mi piacciono le cose a metà: 2 ore di lavoro 2 di studio, chi lavora, lavori, chi studia, studi. mi domando con angoscia come sarebbe l’Italia tra dieci anni. Quali cittadini avremo?». Il gruppo dirigente del Pci sostiene la riconversione industriale richiesta dai padroni (un piano per finanziare con 1400 miliardi i monopoli a spese dei lavoratori). Barca al dibattito organizzato a Torino dalla Federazione dei chimici fa il demagogo: «Ci accusano, quando ci vogliamo far carico del problema della capacita produttiva per abitante, del problema dell’accumulazione (cioè dei profitti, ndr.), di voler correre in aiuto del capitale, di voler accettare il sistema fondato sulla libertà dell’impresa. Riteniamo che ciò non significhi correre in soccorso bensì condizionare questo sistema»! («l’Unità» del 25 settembre 1976). Ed Amendola rimprovera ai lavoratori di «voler difendere l’occupazione fabbrica per fabbrica con scarsa sensibilità per la produttività dell’impresa» ma che invece «duri sacrifici dovranno essere fatti dai lavoratori se si vuole che ingenti insorse si spostino dai consumi agli investimenti». II Corriere della Sera non può fare a meno di concludere dopo aver riportato le frasi di Amendola: «Sarebbe imperdonabile se si perdesse questa occasione per una larga intesa tra governo, imprese e sindacati» (26 settembre 1976). I dirigenti del PCI sono impegnati a far passare il piano per la riconversione industriale come uno strumento che possa risolvere i problemi dei lavoratori. Arrivano persino a indire una «campagna sui problemi della riconversione industriale» per rendere partecipe la classe operaia delle scelte padronali e sempre Amendola. (articolo su rinascita del 9-11-1979) vuole smantellare i Consigli di fabbrica per ritornare alle vecchie commissioni interne. Invita a «mettere in discussione» la scala mobile, che sarebbe causa dell’inflazione vorrebbe autoregolamentare lo sciopero altrimenti lo si farà per legge; e agli operai che difendono il posto di lavoro dice esplicitamente«non si può passare dalla meccanizzazione all’automazione sen , si sarebbe ormai realizzato il «pieno impiego, e anche i disoccupati del Sud, in gran parte diplomati e laureati, sarebbero soprattutto lavativi con la pretesa di «un impiego pubblico stabile e con prospettive di carriera e di pensione già in partenza assicurate».
Lo sbriciolamento della scala mobile
Gli effetti salariali di tale politica si incominciano a manifestare. Chi ne fa le spese e “l’automatismo” per eccellenza , la scala mobile, lo strumento di adeguamento parziale del salario al costo della vita: Nel gennaio del 1977 un accordo interconfederale, poi trasformato in legge dello Stato, elimina dal calcolo per l’indennità di liquidazione la contingenza che sarebbe maturata a partire dal febbraio 1977. Nel marzo del 1977 nella determinazione dell’aumento del costo della vita non si terrà conto degli aumenti delle tariffe ferroviarie e dei quotidiani con perdita di 1,3 punti. Dal gennaio 1980, infine, la contingenza non verrà più calcolata (per gli impiegati) sugli scatti di anzianità.
Il 15 febbraio 1978 si riuniscono i tre consigli generali ed approvano la cosiddetta linea dell’Eur, piattaforma delle politiche sindacali comuni e basata su occupazione, Mezzogiorno, contenimento delle rivendicazioni ed attenzione alle compatibilità economiche e sociali.
A giugno dell’82 la Confindustria e l’Intersind denuncia l’accordo del 1975 sulla scala mobile.
Il 25 giugno sciopero dei sindacati e imponente manifestazione a Roma
A Ottobre 1982 CGIL-CISL-UIL all’interno della piattaforma per “una modifica della politica economica del Governo, la difesa dell’ occupazione e la lotta alle cause strutturali dell’inflazione.” propongono tra l’altro nelle assemblee dei lavoratori
7. Per una riforma dei meccanismi di indicizzazione che aumenti gli spazi della contrattazione sindacale del salario e delle condizioni di lavoro. Questa proposta di riforma è fondata sulla realizzazione contestuale dei seguenti obiettivi  prioritari:
- la difesa integrale del potere d’acquisto dei salari più bassi (intorno ai 10-12 milioni di imponibile 1982) dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da conseguire sia attraverso i miglioramenti contrattuali del salario sia attraverso la riforma ….
- il riequilibrio e il miglioramento dei redditi familiari (con l’aumento differenziato
degli assegni familiari e le detrazioni per il coniuge a carico)….
7.2 Revisione dell’indice di riferimento della scala mobile e del paniere dei beni tutelati; adottando l’indice ISTAT, in sostituzione dell’attuale indice sindacale in modo da conseguire
un certo rallentamento della dinamica della scala mobile, entro un massimo del 10 per cento rispetto all’attuale indice sindacale…
I delegati e i lavoratori pur apprezzando alcuni punti della piattaforma come quelli riguardanti la riforma strutturale dell’IRPEF, il riequilibrio del prelievo fiscale e quello riguardante i redditi familiari.sono indignati per il cedimento sulla scala mobile e la costituzione del fondo di solidarietà e si organizzano e si organizzano contro la piattaforma sindacale, si muovono i consigli di fabbrica. L’ Alfa Romeo propone una piattaforma di lotta a tutto il movimento.
II CdF dell’Alfa Romeo riunito il 29 ottobre 1982 per valutare le proposte contenute nel documento CGIL-CISL-UIL su occupazione, rinnovo dei contratti e riforma del costo del lavoro, esprime un giudizio politico negativo sul documento e respinge la filosofia che ha portato a considerare il costo del lavoro come problema centrale della crisi, paralizzando l’azione del sindacato. Di questo ha approfittato il padronato per scatenare un’offensiva senza precedenti contro i lavoratori. Il CdF esprime grave preoccupatone per il deterioramento della situazione economica e sociale del paese.
Lo sconvolgimento dei rapporti di cambio fra le monete dovuto al ruolo del dollaro, il tasso d’inflazione oltre il 17 %, la cassa integrazione dilagante, la disoccupazione crescente impongono scelte di politica economica rigorose. Il CdF ritiene che la politica economica e industriale che è prevalsa nell’attuale governo, basata sugli alti tassi di interesse, sulla restrizione del credito, sull’aumento delle tariffe pubbliche, vada radicalmente mutata nel senso di una linea di sviluppo e alternativa a quella recessiva. Per questo è indispensabile che la CGIL-CISL-UIL nazionale assuma un atteggiamento conseguente nei confronti delle proposte governative. Obiettivi da porre al centro dell’ azione del sindacato:
1) Difesa e allargamento dell’ occupazione.
L’occupazione deve essere l’obiettivo primario del sindacato. L’attacco del padronato e del governo all’occupazione va respinto modificando la linea economica del governo, affermando una linea di sviluppo e di investimenti e conquistando i contratti di lavoro che contengano la riduzione dell’ orario di lavoro. Lo Stato deve finalizzare le notevoli risorse pubbliche (fiscalizzazione, crediti agevolati, fondi Cassa integrazione guadagni), al mantenimento e all’allargamento dell’occupazione attraverso una selettiva politica di piani di settore, privilegiando interventi strutturali e programmati. In questo contesto va radicalmente mutato l’indirizzo della Legge finanziaria, che prevede la crescita zero per il 1983. Inoltre, ribadiamo che lo stralcio della Legge 1602, inerente la CIG straordinaria a termine, deve essere respinto, esso coglie un solo aspetto della proposta complessiva della Federazione unitaria Sul mercato del lavoro che, se così accolta dal parlamento, stravolge l’insieme delle proposte e finisce per trasformare queste sospensioni in licenziamenti.
2) Salario e contingenza. Il salario e, all’interno di esso la contingenza, è solo una parte del costo del lavoro. Va respinta la posizione di quanti addebitano al costo del lavoro, e quindi al salario e all’indicizzazione, la causa dell’inflazione trascurando premeditatamente le altre cause. La contingenza, pertanto, essendo marginale sulla dinamica del livello dell’inflazione, va riconfermata come uno degli strumenti di difesa del potere d’ acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni. Il punto unico, la trimestralità della maturazione, l’indice di riferimento, il grado di copertura, non possono essere in discussione in un momento di grave attacco al potere d’acquistoai problemi occupazionali è necessario che il confronto in atto con il governo sui problemi fiscali si trasformi in una vertenza che realizzi i seguenti risultati: lotta alle evasioni fiscali e politica delle entrate attraverso l’istituzione di imposte sui patrimoni, a partire dalla seconda casa, sui capitali finanziari, sui consumi di lusso e colpendo l’area delle evasioni fiscali attraverso l’introduzione dei registratori di cassa.
a-) modifica delle aliquote e degli scaglioni per realizzare un alleggerimento fiscale sulla busta paga, e recupero totale del fiscal drag in modo strutturale attraverso l’adeguamento automatico degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni in rapporto all’inflazione;
b-) realizzazione del valore della contingenza al netto uguale per tutti i lavoratori;
e-) migliore tutela del reddito familiare con particolare tutela della famiglia monoreddito;
d-) riforma della fiscalizzazione degli oneri sociali;
e-) il confronto con il governo deve ottenere, inoltre, il blocco della tendenza al rialzo dei prezzi controllati, delle tariffe pubbliche, salvaguardando le fasce sociali esistenti e della tassazione indiretta attraverso l’IVA, quale parte integrante della strategia di difesa del salario reale.
4) La contrattazione. E’ indispensabile un rilancio dell’iniziativa sindacale, nell’ambito della salvaguardia dell’autonomia delle singole categorie, sui temi contrattuali che vanno rilanciati con la lotta dei lavoratori, intrecciati con la lotta più generale, contrastando le linee di rivincita del padronato. Il padronato utilizza la crisi economica per mettere in crisi le relazioni industriali a tutti i livelli. Gli obiettivi principali sono: ridimensionare il potere del sindacato nei processi di ristrutturazione, limitare la contrattazione, rompere l’unità dei lavoratori, con lo scopo di non rinnovare i contratti e piegare il sindacato del rinnovamento. In questo contesto riteniamo che la trattativa sui contratti proceda speditamente rispetto agli altri tavoli di trattative. Il CdF ritiene che vada aperto un dibattito di massa fra i lavoratori per valutare attentamente le proposte fatte e per dare un giudizio conseguente. Occorre che tutti siano coscienti del livello di scontro in atto nel paese, per essere in grado di esprimere un rapporto di forza capace di battere anche minacce di interventi legislativi sul costo del lavoro. Il CdF ritiene che debba esserci un rapporto stretto fra conduzione delle trattative e dibattito e mobilitazione dei lavoratori, prevedendo anche forme di partecipazione alle trattative. Il CdF convoca, come da decisione già assunta, le assemblee di reparto a partire da mercoledì nelle quali tutti i lavoratori si esprimeranno con voto palese. Il CdF decide di convocare una conferenza stampa a conclusione delle assemblee per rendere noti i risultati delle stesse.
Il Consiglio di fabbrica ALFA ROMEO Milano, 2 novembre ‘82
Questa posizione viene fatta propria da molti altri consigli di fabbrica specie del nord.
Nonostante lotte grandiose il 22 gennaio del 1983 i vertici sindacali firmano un accordo di concertazione fra Governo, Confindustria e sindacati, il famigerato Protocollo Scotti. L’accordo modifica il valore del punto di contingenza, diminuendone del 15% il grado di copertura. Il padronato ottiene:
-revisione delle basi per il calcolo dell’indicizzazione del costo della vita e fissazione di un tetto massimo di aumenti salariali,
-introduzione di procedure di assunzione più flessibili, riduzione dell’ orario di lavoro, maggiore utilizzo del tempo parziale),
-introduzione di misure per ridurre i conflitti a livello locale: gli accordi presi a livello nazionale non devono essere ridiscussi a livello d’impresa. Si incomincia a istituzionalizzare la politica dei redditi e la flessibilizzazione del mercato del lavoro. Ma l’attacco alla scala mobile ormai non si ferma più il Governo Craxi impone una ulteriore riduzione di incidenza della scala mobile, contratti di solidarietà e di formazione lavoro. Cisl e Uil e la componente socialista della Cgil non sono contrari. Ma la componente del Pci della Cgil non è d’accordo anche per volontà di un Berlinguer parzialmente ravveduto su alcuni suoi tragici analisi del passato Il 14 febbraio il governo “socialista” tagli i salari per decreto Con il Decreto Legge del 14/2/1984 e la successiva legge del 12 Giugno 1894 n° 219 si stabilisce che: per i primi sei mesi dell’anno 1984 i punti di variazione dell’indennità di contingenza febbraio e non più di 2 a quella del 1° maggio. Ciò ha comportato il mancato pagamento nella busta paga di 2 punti nel mese di febbraio e 2 punti nel mese di maggio. Il decreto tagliava così 4 punti di scala mobile. La reazione della classe operaia è immediate e di grande valore politico 350 CdF si riuniscono a Milano. I Consigli di Fabbrica della Siemens Eletta, Breda Termomeccanica, Philips sede, Caproni V., Agusta di Varese, Cantieri Breda Veneto, Isotta Fraschini, Autoconvocati di Milano del 23 Febbraio, GTE, Same Trattori, Compagnia Generale Trattori Milano - Carugate, si riconoscono nel documento approvato dall’assemblea autoconvocata presso la Sala della Provincia di Milano il 23.2.84 e si impegnano a dare un contributo anche organizzativo per la buona riuscita dell’assemblea autoconvocata nazionale del 6.3.84 al Palalido di Milano. Tale riunione sulla base delle indicazioni emerse nelle assemblee regionali o territoriali autoconvocate sarà chiamata ad assumere le seguenti indicazioni di lotta:
1) apertura di una consultazione di massa fra tutti i lavoratori sul merito dei contenuti del decreto, anche con l’uso dello strumento del referendum previsto nello statuto dei lavoratori; per una espressione chiara della volontà dei lavoratori che mostrino 1’infondatezza delle accuse secondo cui le grandi mobilitazioni di questi giorni sarebbero state i: frutto di pressioni di questa o quella forza politica anziché l’espressione più genuina dell’unità dei lavoratori guidata dai CdF.
2) Una giornata di lotta nazionale con sciopero generale per il ritiro del decreto autoritario del governo.
3) Manifestazione nazionale a Roma in concomitanza con lo sviluppo del dibattito alle Camere sul decreto.
4) Un rilancio delle contrattazioni attraverso:
- sostegno alle piattaforme aziendali e territoriali da aprire in tutti i luoghi di lavoro per la difesa del salario e il recupero dei punti di contingenza persi, dell’occupazione, dell’ambiente di lavoro, contro l’aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro, riconfermando anche per questa via il rapporto unitario dei lavoratori ed il rilancio dei Consigli. Tutto ciò in coerenza con la difesa dell’occupazione, del salario, delle tensioni e dei servizi sociali attraverso una nuova politica economica che colpisca gli evasori, i profitti e le rendite parassitane. Questi obiettivi sono possibili solo se riusciremo a riappropriarci del sindacato ed imporre dal basso un rilancio dell’unità, dell’autonomia e della democrazia sindacale per affermare la natura di classe del sindacato. In preparazione della Assemblea Nazionale il giorno venerdì 27/3/84 si svolgerà a Bologna una riunione di coordinamento delle realtà territoriali e regionali. Approvata all’unanimità dall’Assemblea di 350 CdF di Milano con la presenza ed il contributo delle delegazioni delle assemblee autoconvocate di: Roma, Firenze, Bologna, Verona. Bari, Trento, Casetta, Venezia, Fiat Termini Imerese, Coord. CdF Piemontese, Coord. CdF Campano, Coord. Cassa Integrati Torino. Milano, 23 febbraio 1984
Documento conclusivo dell’Assemblea nazionale dei Consigli dei delegati tenuta a Torino il 10 aprile 1984
L’assemblea nazionale dei Consigli e dei delegati CGIL-CISL-UIL, autoconvocata a Torino il 10/4/84 al Palasport Le Cupole approva la relazione svolta unitariamente dal compagno Fabio Carletti. Questa assemblea esprime un giudizio fortemente positivo del movimento dei Consigli e dei delegati che hanno saputo guidare le lotte e la mobilitazione dei lavoratori con riuscita senza precedenti, sia degli scioperi che delle manifestazioni svoltesi in tutte le città d’Italia, dal Nord al Sud, e di rappresentare le aspirazioni della stragrande maggioranza dei lavoratori. avvenimento di levatura storica per la democrazia nel paese e nel sindacato, non solo per il numero imponente dei partecipanti, ma per la volontà di lotta, la vivacità, la pluralità enorme delle idee e delle forze presenti.
Questo è stato possibile da una parte grazie al contributo del movimento dei Consigli che a Roma anche con interventi numerosi dal palco ha portato una carica di combattività, di unità e di richiesta di nuove forme di partecipazione e democrazia che hanno mobilitato tante forze nuove e altre da tempo rassegnate.
Dall’altra parte, è stata determinante la presenza politica e organizzativa della CGIL, al Sud come al Nord, per modificare i rapporti di potere e di classe nel paese.
I lavoratori, in questi momenti di lotta, nonché nelle consultazioni realizzate attraverso assemblee, referendum e petizioni, hanno chiesto che il decreto venga battuto, per ripristinare la libertà di contrattazione e il ristabilimento di regole demo-cratiche nel paese, il cambiamento della politica economica e sociale per una vera lotta all’evasione fiscale così com’è indicato dalla piattaforma unitaria di CGIL-CISL-UIL il recupero del drenaggio fiscale anche.per l’anno in corso.
– La tassazione dei Bot e dei CCT;
 - L’istituzione dell’imposta patrimoniale sulle grandi ricchezze;
- La parità delle Deduzioni dall’imponibile, delle spese sociali, ai lavoratori dipendenti così come a quelli autonomi. Pertanto i Consigli, i loro coordinamenti e questa assemblea nazionale come quella precedente a Milano, sono portatori di questo mandato.
Non siamo pregiudizialmente contrari all’apertura della discussione nel sindacato sul tema della riforma del salario, ma affermiamo che solo dopo il ripristino della situazione precedente al decreto, è possibile aprire questa discussione tra i lavoratori,
nella quale ogni proposta sarà legittima e resa valida solo attraverso la consultazione vincolante partendo però dal presupposto della difesa del potere d’acquisto del salario. Ribadiamo il nostro netto rifiuto al tentativo di usare ipotesi di riforma del salario per rilanciare una trattativa centralizzata sul costo del lavoro e scala mobile. La dimensione di questo movimento e delle sue lotte, è di tale vastità che si incominciavano a verificare crepe nella stessa compagine governativa. Le dichiarazioni di irrefrenabile nervosismo del Presidente del Consiglio Craxi, contrastano con le stesse giuste affermazioni del Presidente Pertini che valorizza il movimento lotta dei lavoratori, e dei loro rappresentanti, come determinante e insostituibile baluardo per la difesa della democrazia.’
Da questa consapevolezza traiamo la volontà di continuare le lotte respingendo qualsiasi ricorso a misure procedurali atte a stravolgere il normale dibattito parlamentare. Di fronte a questa possibilità, la assemblea invita tutti i Consigli e coordinamenti a preparare fermate di sciopero immediate. Sulla base di una larga convergenza maturata nella discussione dei coordinamenti territoriali e regionali, si conviene sulla necessità di promuovere scioperi territoriali o regionali, a partire dal 17 aprile come prima risposta alla ripresentazione del decreto con analoghi o stessi contenuti. Di fronte all’ulteriore acutizzazione dello scontro dovuta all’intransigenza del Governo, sarà necessario promuovere una giornata nazionale di lotta. Parallelamente occorrerà valutare, insieme alle organizzazione sindacali disponibili, le forme che assumeranno le mobilitazioni, compresa quella dello sciopero generale.
L’assemblea nazionale invita i Consigli a mantenere costante il rapporto con i lavoratori, attraverso assemblee generali e di gruppi omogenei, per una continua verifica e legittimazione dei delegati e dei Consigli. Riconosce nei contenuti della relazione una base di discussione per avviare la ripresa della contrattazione articolata da concretizzarsi da subito nelle vertenze aziendali, di gruppi industriali e di territorio. Inoltre, dopo le discussioni locali da avviare nelle prossime settimane, l’assemblea decide che i convegni sull’occupazione si svolgano a Torino 1’ 11 maggio e a Napoli entro maggio, con al centro i problemi dello sviluppo al Sud.
Si da mandato ai coordinamenti di Torino e Napoli di lavorare in questa direzione coinvolgendo, insieme a CGlL-CISL-UIL, soggetti sociali interessati, quali lavoratori occupati, in cassa integrazione, disoccupati, giovani e donne. E’ indispensabile l’adesione e la partecipazione dei delegati dei Consigli, dei coordinamenti dei disoccupati, dei comitati per il lavoro, delle organizzazioni giovanili, degli studenti e dei coordinamenti intercategoriali delle donne.
Chiediamo a CGIL, CISL e UIL di assumere queste iniziative, 1 fine di costruire una piattaforma rivendicativa che sappia unificare le forze del lavoro e il fronte di lotta. L’assemblea nazionale dei delegati ritiene opportuno sviluppare tutte le iniziative necessarie per far assumere un valore politico centrale alla Carta della democrazia di Brescia, approvata al Palalido, a questo proposito, dopo le discussioni nei Consigli di azienda del giorno 6 aprile sulla Carta di Brescia, consideriamo opportuno promuovendo iniziative di confronto pubblico con le forze sindacali, politiche, sociali e intellettuali. Essendo questo documento conclusivo frutto della discussione unitaria delle delegazioni, delle proprie realtà e delle diverse situazioni che hanno portato i propri orientamenti, proponiamo l’approvazione per acclamazione.
Il 24 marzo 1984 viene organizzata una manifestazione imponente a Piazza San Giovanni.ma Lama non parla ai manifestanti ma ai suoi interlocutori cisl uil Del Turco Confindustria. Nel pci con la morte di Berlinguer prevale l’ala più destrorsa e la Confindustra continua ad avere via libera
Nel 1985, anno dei giovani si lavora ad una «deregolamentazione del lavoro sotto i 25 anni». Si fanno più insistenti gli interventi dell’avv. Agnelli contro «l’indistruttibilità e intangibilità dei posti di lavoro» il Ministro Goria pensa all’introduzione, nei contratti di assunzione dei giovani, di una sorta di «salario d’ingresso». Che avviene attraverso l’Accordo interconfederale 8-5-86 che introduce aperture sulla possibilità per le aziende di ricorrere più di prima a forme di lavoro precario (tempo determinato, contratti formazione) e che modifica ulteriormente la scala mobile nelle parti relative alla composizione del paniere. Nel 1990 la Confindustria disdice l’ultimo accordo sulla scala mobile, e nel 1992 un presidente del consiglio “socialista” Amato il capo della Cgil Trentin (con il codazzo soddisfatto degli altri confederali) eliminano quel poco che era rimasto della scala mobile. Le correnti “moderne” del pci e del sindacato facevano tornare il salario nella contrattazione voluta dai monopoli.
Brevi considerazioni
La teoria della collaborazione delle classi, spiegava Lenin, è una teoria putrida e reazionaria, che mira a far perdere al proletariato la coscienza del proprio antagonismo con la borghesia sfruttatrice. Può la classe operaia collaborare con i capitalisti che la opprimono e vogliono far pagare ai lavoratori la loro crisi, con il carovita e la disoccupazione? Accettare la prospettiva dì un avvenire incerto e di miseria per le proprie famiglie in nome di un astratto «interesse generale», che è in realtà l’interesse ristretto dei monopoli? Può l’impiccato collaborare con il boia a lasciarsi infilare il nodo scorsoio al collo? Consapevole di avere interlocutori “moderni” il padronato ha imposto la politica dei redditi con l’accordo del 93, ha smantellato le aziende statali privatizzandole; ha portato all’estero molti siti produttivi impoverendo considerevolmente il sistema produttivo nel nostro paese: ha esternalizzato molti posti di lavoro creando condizioni di ricatto sia sul salario che sulla sicurezza; ha sviluppato la politica dei servizi servendosi delle leggi che hanno istituzionalizzato il precariato, hanno reso molto deboli i lavoratori sui posti di lavoro anche a spese della loro dignità; hanno propagandato che privato è bello favorendo sviluppando l’aggressività sociale; hanno osannato il sogno di “emergere oltre il possibile” qualora c’è la possibilità della concorrenza. In questo clima prevale l’individualismo, il localismo, l’indifferenza , la paura, si cerca una via d’uscita verso una strada che non si vede, un clima adatto per il populismo, il berlusconismo, il neofascismo. Viene confermato il principio marxista secondo cui la socialdemocrazia spiana la strada al fascismo. Quanto lavoro c’è oggi da fare per ricostruire un percorso di classe, unitario, comunista verso un socialismo che la crisi finanziaria ed economica ci dice di non essere una mera prospettiva, ma una esigenza dell’oggi sia nazionale che mondiale, Bisogna ripartire da Gramsci bandendo l’empirismo o non concluderemo niente come è successo dal 91 ad oggi dopo una nascita carica di aspettative di trasformazione come era stata salutata la costituzione di Rifondazione Comunista. Gramsci ci insegnava a difender ciò che il padrone combatte, e oggi la scala mobile dei salari è lo strumento che più viene odiato dal capitale. Dobbiamo riconquistarlo.
N:B:La documentazione e la ricerca è tratta da nuova unità (organo del pcdi ml) e da siti informatici.

Pubblicato sulla rivista GRAMSCI nel 1992

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